giovedì 7 agosto 2008

l'opinione di ferrara: un confuso incubo

Psalvus mi segnala l'articolo di Ferrara sul Foglio, a proposito di testamento biologico e simili. Secondo lui, a non essere pavloviani ci sarebbe da dargli ragione, io invece sono affascinata e desiderosa di capire: a me l'articolo pare un confuso incubo. Oppure a me mancano i recettori per capirlo e allora qualcuno mi aiuti, perdio. Intanto lo copincollo e lo commento.

Solo un sofista come Pannella, drogato della propria urina come l’eroe di Ulisse s’inebriava del rognone di castrato, può assimilare la supplica di Wojtyla morente al testamento biologico. La preghiera di passare da una vita a un’altra, e di tornare alla casa del padre trasmigrando da un mistero in un altro mistero, così come di lì si era nel mistero venuti, e tutto questo perché sia fatta la sua volontà, non la tua, è palesemente il contrario del capriccioso potere legale di negare la vita, rinunciare alla vita, in nome del fatto che si presume di possederla.


Dunque, se capisco bene, Ferrara qui sta dicendo che il discrimine tra Wojtyla e Welby è che Wojtyla crede sicuramente nella vita ultraterrena, e implora di andarsene perchè è lì che è chiamato ad andare, mentre Welby, o la Eluana che aveva espresso la volontà di non vivere in quelle condizioni - sarebbero presuntuosi miscredenti. Secondo questa logica dunque la morte pietosa potrebbe essere concessa, purchè si sia convinti che è il Signore a toglierla.

A forza di occultare la verità non restano che interpretazioni relativistiche sempre più simili a corbellerie o a false analogie o a squinternati sillogismi. Bisognava negare a Giovanni Paolo II la sepoltura in chiesa, e darla a Welby.


A chi dare la sepoltura è faccenda che spetta ai preti: forse a Welby non andava concessa perchè Welby si sentiva proprietario della sua vita, mentre Wojtyla voleva rimetterla nelle mani di Dio. Provvederanno quei cattolici che vogliono essere liberati della loro agonia a mentire sulle motivazioni o a modellarle secondo ciò che è accettabile per la loro comunità religiosa, pur di avere il funerale in chiesa. Ma a noi che cosa importa, che cosa cambia, che cosa interessa?

Mentre impazzisce come la maionese la sofistica carità modernista che ti vuole morto perché sei tu a volerlo, morto perché libero e libero perché morto, sta nascendo, anzi è nata, una nuova incresciosa polemica nel mondo che liberamente ruota intorno alla chiesa.

La polemica che segue non mi è chiara, e non ho capito perchè sarebbe "incresciosa", ne' perchè dovrebbe intressarci.

Con molta onestà, un gruppo di seniores della società civile cattolica, guidato da un uomo del cardinal Ruini, Domenico Delle Foglie, ha comunicato che è venuto il momento di discutere della possibilità di una legge di testamento biologico o, per essere più precisi, sul cosiddetto ciclo di fine vita. Il leader del pensiero bioetico dell’Università Cattolica di Milano, Adriano Pessina, non è d’accordo, lo ha detto chiaramente e si è dimesso onestamente da quell’associazione civile nella quale aveva combattuto buone battaglie.

Okay, una querelle teologica. Altrove si discute se è kasher il colorante E 313, o se è halal smaltarsi le unghie. Continuo a chiedermi perchè dovrebbero interessarmi questioni di gente che crede in superstizioni a cui io sono estranea.

Sentivo che c’era qualcosa di insidioso nell’aria. Mi ero premurato di dare il mio solitario e paradossale avviso contro il legalismo e il dettaglismo: l’unica legge di cui c’è bisogno in questo conflitto tra carità e diritto è una legge che vieti di dare la morte clinico-giuridica a chiunque possa ricevere, in qualunque condizione egli sia, cure e assistenza pietose. La mia opinione laica e devota è che nel rapporto privato tra una persona e un medico, tra familiari e amici, nella relazione speciale con una suora o un prete, insomma in un rapporto di cura e carità, tutto può succedere, anche la preghiera di essere aiutati in certe circostanze a passare un confine ha diritto di essere ascoltata senza ipocrisie. Non in nome di una idolatrica dignità del morire, bensì della pietà che sempre e da sempre supera ogni legge.

Questa è assolutamente straordinaria. Dunque il punto è che - secondo Ferrara - esisterebbe un limbo, che attraversa il confine tra la vita e la morte, in cui a decidere dovrebbe essere non la legge, ma una non meglio identificata assemblea di "cari" e di tecnici. E i limiti di questo limbo in cui non sarebbe più valida ne' la legge ne' la volontà del paziente, sarebbero ovviamente sfumati. Se la nonnetta è provvisoriamente sotto respirazione assistita, e magari ha la prospettiva di sopravvivere con il sacco da colostomia, forse i pietosi parenti saranno sopraffatti dalla compassione e decideranno nel silenzio raccolto della spoglia stanzetta di staccare la spina. Forse che la legge può intervenire in faccende di cuore e carità? Sarebbe "legalismo" e "dettaglismo" entrare nel merito del cuore pulsante dei cari che circondano l'agonico, vero Ferrara?

Nell’esemplarità culturale e nella rigidità del diritto positivo, invece, deve essere rigorosamente esclusa la possibilità di autorizzare una qualunque autorità, paterna o statale o sacerdotale o scientifica o giurisdizionale, a stabilire i criteri di dignità del vivere. Finché qualcuno ti ama e si prende cura di te nessuno alzerà la sua mano sul tuo corpo e sul tuo spirito.


Ecco. Quindi, uno per morire deve essere credente, e senza amici. Tutti gli altri devono agonizzare a vita. Oppure?

8 commenti:

pim ha detto...

esiste, invero, la "dimensione sottile", la quale, in una declinazione meno nobile, prevede quanto meno la difficoltà di pronunciare parole definitive di fronte a temi quali la vita e la morte.

personalmente, premesso che sostengo la necessarietà della buona fede (nondimeno insufficiente, sia ben chiaro) prima di dire qualsiasi cosa, fatto che, mi pare, escluda dal discorso qualsiasi cosa dica ferrara, penso la chiesa un'istituzione criminale.

il fatto che milioni di persone stiano ad ascoltare come maestri del pensiero opulenti prelati e uomini puri come gigli dalle scarpe di capretto è conseguenza del semplice fatto che, da sempre, il povero è costretto ad ascoltare il ricco.

esattamente come ieri il genio della pittura lavorava per colui che teneva i cordoni della borsa e gli diceva dove e come.

Anonimo ha detto...

ferrara in mala fede, la chiesa un'istituzione criminale: mi pare che le basi della discussione siano minate dai riflessi pavloviani che temevo...

Rosa ha detto...

forse però potresti rispondere agli argomenti del mio post, invece.
Quali sono i limiti del limbo in cui la legge non può intervenire?
E se non può intervenire la legge, a cosa si lascia posto se non all'arbitrio?

Anonimo ha detto...

hai ragione.
nella dimensione del dover essere, la legge interviene e risolve il problema.
anche al migliore dei legislatori, e mi permetto di dire che è un'ipotesi che l'Italia non conosce almeno da quarant'anni, risulta tuttavia difficile dirimere la questione del quando intervenire.
in pratica, nessun dubbio se sono perfettamente cosciente e chiedo di essere staccato dalla dannata macchina. qualche dubbio in caso diverso. ovviamente il testamento biologico non risolve il problema.

P.S. il carnefice che predica contro la pena di morte dice sempre una cosa giusta, sono d'accordo.
altro è, semplicemente, senza pregiudizio, pensarla in modo diverso, senza bisogno di scomodare pavlov.

Anonimo ha detto...

dato che rispondo da un internet cafe' coi minuti contati ti prometto che cerchero' di risponderti piu' compiutamente al ritorno dalle ferie. A ogni modo la cosa piu' importante, depurata dai sarcasmi e le ironie di ferrara e tue e' il limbo, i valori sfumati - certo - tra carita' e diritto.

io ho una grande diffidenza verso la morte "clinico giuridica".
I problemi bioetici non si affrontano con i valori del razionalismo ma con il razionalismo dei valori.

E poiche in questo campo qualsiasi decisione non puo' essere tagliata col coltello e qualsiasi decisione si prende si sbaglia ecco perche' i tecnicismi giuridici, specie alla luce di un dirittopositivo fondato su valori periclitanti come quelli dell'illuminismo relativista, mi sembrano cosi' pericolosi.

Considerando poi che ci saranno giudici che - per il solo fatto che le persone che assistono il malato facciano parte di una certa' comunita' religiosa - considerano questi ultimi l'emanazione di una banda di carnefici, peggio mi sento.

Rosa ha detto...

Senza il diritto, è l'arbitrio. Ferrara propone l'arbitrio: l'individuo non è proprietario della sua vita, la legge non può stabilire dei parametri, e l'unica autorità morale è quella religiosa. Io lo trovo un abuso terrificante, comunque aspetto un tuo commento più approfondito.

Anonimo ha detto...

dovremmo chiedere a Gad Lerner, tra i primi a dare a Ferrara dignità di "intellettuale"...

Tumy ha detto...

Fantastico! Ferrara ogni volta mi stupisce, pensi sempre che sia rrivato al massimo di cavolate possibili e lui, come bolt, riesce a fare un nuovo record.