mercoledì 28 giugno 2006

euston manifesto

Apre Euston Manifesto Italia.

(il blog è fermo fino al 10 luglio)

lunedì 26 giugno 2006

il volontario, questo sconosciuto

Sul blog di Ipazia si discute di volontariato.
Non sono in grado di valutare gli aspetti filosofici della faccenda, ma politicamente il volontariato in se' non mi fa un effetto molto diverso dalla carità: la mia se pur blanda, lacunosa e rinnegata formazione marxista mi porta a pensare che le cose storte vadano raddrizzate con strumenti politici, e che la carità (e il volontariato) con la loro stessa esistenza - invece - le ratifichino, che siano solo una sorta di facciata edificante del problema.
E' un opinione discutibile (ma a che servirebbe oblogghe, se non a sciorinare opinioni discutibili?) e io stesso la contraddico ogni volta che mi capita di fare la carità.
Quanto invece alla personalità del volontario, mi pare che l'aforisma di Nietzsche citato da Ipazia sia attinente. Chi è il bravo medico che parte a curare i feriti di guerra, in un paese in cui i medici di base sono burocrati incapaci e non è poi così raro morire con le bende scordate nella cistifellea? Io non sto a farne una questione "morale" rovesciata, non giudico la chiamata di chi parte, lancia in resta, riservando a se' stesso la peggior destinazione del mondo, mi limito a chiedermi cosa lo muove. Quel che certo è che il bravo medico di famiglia, il professionista capace, che sa prendersi cura del dolore del paziente, che non scappa di fronte al dolore della madre, che non dedica minor tempo al paziente che a Natale arriva a mani vuote, è persona che paradossalmente sembra essere assai più rara dell'Eroe.
Quasi inesistente.
Non ha impatto mediatico, certo, ma il problema è che è difficile trovarlo pure nella vita: eppure il bravo medico/maestro/infermiere - migliorererebbero l'esistenza di noi tutti, il nostro tessuto sociale, con delle ricadute complessivamente affatto trascurabili.
Sì, lo so - con che coraggio togliere Gino dalla sua Strada rosso sangue e inserirlo in una banalità (fatta magari di vecchi soli con l'alzheimer, o di bambini con la leucemia?)? Non è forse vero che è lì dove lui sceglie di andare, il luogo può lenire un maggior numero di sofferenze, salvare un maggior numero di vite?
Ma la vocazione di questi eroi, è sempre e veramente a lenire quante più sofferenze possibili? E' un fatto quantitativo, che sposta Gino Strada da un ospedale comunale di Lambrate ad un tendone di Kabul? E se è un fatto quantitativo, che significato ha il progetto di un ospedale per piccoli cardiopatici in Africa, quando un piccolo malato di cuore africano assorbe le energie e il denaro che basterebbero a curarne 100 malati di dissenteria? E Madre Teresa - con la sua feroce battaglia contro il controllo delle nascite a Calcutta, avrà davvero tolto più sofferenze di quante non ne abbia create, nell'arco della sua caritatevole esistenza?

domenica 25 giugno 2006

Rapsodi

Ho visto celibi pieni di nubili.

Rapsodi



(foto di rosalux)

sabato 24 giugno 2006

riti laici

A cinque anni mi ritrovai a passare un mese in colonia. Era una colonia ebraica, compessivamente piuttosto scrausa e frequentata da sottoproletariato ghettaiolo di quello truce, e io non ero contenta per nulla. L'unico conforto era - la mattina appena svegli - un atto di doppia fedeltà identitaria che consisteva nell'alzabandiera italiana ed israeliana, e nel canto dei due inni. Quello israeliano - dolcissimo - e quello italiano, decisamente più marziale. (vorrei che il redattore del sito del Quirinale mi spiegasse cosa intende con "immediatezza del testo" riferito all'inno di Mameli)
Questo dolce rito mattutino - forse proprio perchè "doppio" - non ha fatto di me una persona più nazionalista, ne' riguardo alla mia scombinata patria natale ne' riguardo a quell'altra patria infelice e lontana. Mi ha però confortato nella sua ripetitività, mi ha per la prima volta avvicinato al canto, e mi ha - forse - messo nel cuore due pezzettini di identità.
Questo, mi è tornato in mente quando mi sono trovata a commuovermi un po', passando in questo blog , nel sentire l'inno italiano come richiamo a votare NO al referendum. E mi ha fatto pensare che il rito è necessità umana primaria, e che sarebbe giusta e buona cosa, curare e promuovere l'istituzione di riti laici: doppio alzabandiera - italiano ed europeo con tanto di inni nelle scuole? E perchè no? Mi sapete spiegare perchè un ateo debba morire senza due parole di ricordo in un posto confortevole?


Frateeelli d'Itaaaalia,
l'Itaaalia s'è deeesta;
dell'eeelmo di Sciiiipio
s'è ciiiinta la teeeesta.

Dov'è laaa Vittoria?
Le pooorga la chiooooma

ché schiava di Roma
Iddio la-a cre-eò.

(parapon-parapon-parapompompompompompom)

Frate-lli d'Ita-lia,
l'Ita-lia s'è des-ta;
dell'el-mo di Sci-pio
s'è cin-ta la tes-ta.
Dov'è - la - Vitto-ria?
Le por-ga la chio-ma;

ché schiava di Roma
Iddio la creò.

Stringiam-ci a coor-te!
Siam pron-ti alla mor-te;
Siam pron-ti alla mor-te;
Italia chiamò.

Stringiam-ci a coor-te!

Siam proooonti alla mo-rte
siam proonti alla mo-rte;
Ita-lia chi-amò!
Sì!
(anzi: NO)

martedì 20 giugno 2006

dov'è la differenza?

ULTIMI AGGIORNAMENTI

Nei forum del Lega Nord di Chioggia una domanda turba gli studenti leghisti: "possibile che il titolo di una poesia di Pascoli non si trovi in rete?"

Qui invece il tema già svolto, qualcuno lo segnali agli studenti della lega.

Grazie ad Amaryllide per la segnalazione.

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Nel post precedente segnalavo il link di Repubblica, dove si parlava de "La somarella di Giovannino" tra le tracce dei temi di maturità circolate in rete.
Peccato che la versione di stamattina (di cui abbiamo una copia) sia stata leggermente cambiata, e ora on line ci sia un'altra pagina. Dov'è la differenza?

prima:

" Per quanto riguarda la tipologia "A", quella dell'analisi del testo, tra le tracce più probabili figurano il brano "La somarella di Giovannino" di Giovanni Pascoli o "Il fanciullino" di Calvino. C'è chi giura, però, che quest'anno capiterà Svevo ("era quasi sicuro l'anno scorso") o Pirandello.

dopo:

Per quanto riguarda la tipologia "A", quella dell'analisi del testo, tra gli autori più probabili figurano Giovanni Pascoli o Calvino. C'è chi giura, però, che quest'anno capiterà Svevo ("era quasi sicuro l'anno scorso") o Pirandello.


Ci leggono, eh?

repubblica conferma

"La Somarella di giovannino" tra i temi di maturità.

Fonte: La Repubblica
(le terga della somarella e Giovannino stesso sono - per ovvi motivi - stati cancellati con photoshop)

lunedì 19 giugno 2006

psiche da blogger, gli invidiosi e gli invidiati

L'incipit di questo articolo di Gianluca Neri su Macchianera - a proposito della "mente del blogger" è notevole:

Si dice che chi possiede un blog pensi “per post”. In pratica significa che se ti viene in mente qualcosa a tuo avviso particolarmente degno di nota, tu, blogger, fai un nodo al neurone che sta a significare: “questo lo scrivo”. Poi succede che il tempo, il lavoro, la pigrizia, l’inondazione, le cavallette, le cavallette… E magari più passa il tempo e più rifinisci quel post mentale: cerchi frasi che abbiano più effetto, migliori la punteggiatura, snellisci i concetti. In giro per le tue reti neurali si dice che quello sarà “il Post Perfetto”, atteso tanto quanto il nuovo Profeta, la fine del mondo, la montagna che va da Maometto. E sarà anche il motivo per cui penserai che niente di quello che le tue mani riverseranno sulla tastiera ne sarà all’altezza. Alla fine non lo scriverai. Mai.
Il resto dell'articolo invece mi ha lasciato perplessa. Non nego affatto l'esistenza dell'invidia, ma non mi piace l'automatismo con cui "il grande", "il famoso" liquidano con sprezzante sdegno gli attacchi del "piccolo", e con una accusa che non può per definizione essere provata.
Premetto che non ho seguito l'appassionante vicenda descritta: ignoro chi sia il blogger nemico e non ho approfondito l'argomento del contendere, ma il "complesso dell'invidiato" dovrebbe essere a mio avviso pudicamente nascosto, almeno tanto quanto l'invidia stessa, essendo altrettanto imbarazzante.
In realtà chi ha successo non solo può essere attaccato, ma l'essere attaccati è una delle conseguenze ovvie e inevitabili della visibilità, e ben al di là dell'inconfessabile (ma anche inindagabile e soltanto presumibile) sentimento dell'invidia. Liquidare le ragioni dell'altro etichettandole come invidiose è una scorciatoia semplice per umiliare l'avversario, negandogli la possibilità di difendersi...e se non si sta attenti, il "complesso dell'invidiato" può portare a topiche di portata mondiale. Berlusconi è sinceramente convinto che Montanelli lo attaccasse perchè meno ricco e "di successo" di lui.
A volte invece - e vivaddio - i grandi sono attaccati perchè dicono delle cose che non piacciono: facciamocene una ragione.
Insomma, non capisco proprio che ci trovino, i lettori di Macchianera, in quello che dice sto tizio. Chissà perchè poi tutti quei commenti, neanche fosse una grande firma...e con quel template poi...ma chi gliel'avrà fatto? Il portiere?

venerdì 16 giugno 2006

maturità

Ho un figlio al liceo: circolano voci (pare) molto accreditate.
Qui le tracce che mi sono arrivate.

giovedì 15 giugno 2006

15 giugno 1996


"The only thing better than singing is more singing."

Ella Fitzgerald

mercoledì 14 giugno 2006

e omero si rigira nella tomba

Con Solitary è la cella di isolamento nuova frontiera del reality show: chissà, magari fosse tanto tediosa da essere anche l'ultima e si ricominciasse a scrivere della buona fiction: mi chiedo solo se quella parte di pubblico (non piccola) cresciuta al chiacchiericcio vano e destrutturato del reality sia ancora capace di seguire una storia, di decifrare una struttura narrativa. Non è così scontato, si tratta di un linguaggio complesso.

lunedì 12 giugno 2006

la vera elite di IPI ovvero...



...the notorious Mastroviti's day!

venerdì 9 giugno 2006

menage a trois

Il raccontino l'ho scritto qualche mese fa, e bazzicando il web ho trovato una vignetta erotica del favoloso Jacovitti (peccato che era di destra) che secondo me lo commenta in modo strepitoso. Per ora risparmio ai miei due lettori (gli stessi di Mastroviti?) le mie teorie sulla universalità del tabù dell'incesto, perchè devo lavorare.



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E' una splendida femminuccia!

Taglia, cuci, estrai, lava, vesti, ora la bimba è in braccio alla madre.

Gli occhi della donna osservano torvi il fagotto viola, una pietra fredda e nera sul cuore: quelle piccole cosce rugose domani saranno lunghe, affusolate e piene e già oggi il ventre che l'ha ospitata pende flaccido e molle.
Il padre è al settimo cielo: niente grida nella savana, e non verrà il giorno in cui dovrà abbassare la mano e temere la vendetta, pieno di paura e rancore. Solo zucchero e miele e profumo di cannella, e delle piccole bollicine partono dalla stretta coppa del suo bacino e salgono verso il cuore inebriandolo di letizia: cin cin! una bimba! una bimba! una bimba!
La madre e il padre si guardano, istantanea di un idillio e i due adulti giocano in quei pochi minuti i tarocchi della neonata.
Tra gli occhi grigi di lei e quelli di carbone di lui un filo d'acciao, invisibile al mondo e persino a loro.
"Lo sapevo" dice lui con lamentosa enfasi "mi è venuto il mal di testa". La madre appoggia subito il fagotto nella culla, e massaggia delicatamente le tempie di lui, le labbra tacciono ma parlano gli occhi grigi, minacciosi.

"Niente culetto di burro sulle tue gambe, e il tuo affetto per lei avrà il sapone del pane secco"

Gli occhi di carbone dettano il prezzo.

"Ma se nel cuore della notte io e lei ci sveglieremo, la gola riarsa dalla sete e dalla fame, tu darai a me il tuo seno, e soltanto dopo alla bambina"

Gli occhi grigi guizzano nervosi, rilanciano.

"Spetterà a me cospargere la sua schiena ambrata di crema solare, e quando lei - graziosa - reclinerà il capo sollevando con l'avambraccio la sua chioma luminosa per scoprire il collo tu non poggerai il tuo sguardo sul vortice di bionda peluria, e continuerai a leggere il giornale"

Gli occhi di carbone ancora non sigillano.

"Sarà mia, la coscia del pollo; mio, il doblone di fondente sulla torta alla panna; mia, la poltrona davanti alla TV; mio, il posto in aereo vicino al finestrino; e sarà la mia vescica a scandire le pause dei viaggi in macchina nella calda estate.

Gli occhi grigi finalmente si placano.

"Così sarà. Dopotutto, è un grave errore viziare i bambini"

Il padre e la madre si abbracciano, le lacrime sgorgano dai begli occhi della mamma, lui le asciuga dalle gote con piccoli, teneri baci.

L'infermiera - commossa - esce pudicamente dalla stanza, lasciando sola la bella famigliola. Un lungo bacio di passione, e grida feroci di una poppante.

giovedì 8 giugno 2006

Apocalypse now [vecchi film]

A me veramente il film non era piaciuto, ma questa recensione - che ricevo e volentieri pubblico - sì, e mi gusta l'idea di recensire vecchi film sul RLB.

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Di Cap. Ripley


Apocalypse Now.

O meglio Apocalipsi nau, regia di Francis Ford Coppola. Musiche dei *Doors*. Come diceva Fiabeschi,uscito dal pennarello santo di Andrea Pazienza.

Apocalipsi nau comincia proprio con una fine: quella dei Doors, appunto. Cantata da un Jim Morrison morto da otto anni, e riarrangiata a botte di elicotteri da Coppola. Memore, probabilmente, dei vecchi tempi all’UCLA, tanto da capire che sì – alla fine – Kurtz e Morrison dicevano grosso modo la stessa cosa.

Inspirato a Conrad – e assolutamente fedele allo spirito di “Heart of Darkness” – con licenze che spostano il Congo nel Vietnam, l’irrequietezza di Marlow alla disillusione del capitano Willard, le compagnie coloniali europee a quelle americane.

Intatte restano le motivazioni per l’omicidio e il sopruso, intatta resta la discesa in quel confine indefinibile tra la follia e l’istinto. Intatto resta il senso.

Nel frattempo, dove da una parte ci sono colonizzatori preoccupati di quel che diavolo sta accadendo sul finire del fiume Congo, dall’altra ci sono generali preoccupati di quel che diavolo sta accadendo sul fiume Nha Trang.

La preoccupazione è la stessa: la perdita del controllo.

Quel che entrambi i protagonisti (del libro e del film) impareranno, è che si può rimanere succubi di questa fascinazione, che la perdita del controllo contiene una sua logica, anche se porta all’orrore. E questo orrore non perde di fascinazione.

Coppola resta fedele a un libro che non parla di guerra, mettendo in scena il Vietnam, con le sue efferatezze, e con un senso di smarrimento e realismo che non si era mai visto prima.

Si dovrà aspettare i primi venti minuti di “Salvate il soldato Ryan” di Spielberg per avere la stessa idea di inadeguatezza e caos. Neppure Kubrick c’è riuscito, con il suo tentativo di spiegare sempre - e comunque - in maniera netta e precisa, la guerra.

Ma la guerra, in Apocalypse Now non è precisa e non è netta, come probabilmente non è nella realtà. I campi di battaglia sono improvvisi, confusi, sconvolgenti sia quando hanno pretese geometriche wagneriane, sia quando appaiono bardate a festa nella notte, tra gli spari, nel fiume.

Realismo nella confusione continua nelle azioni, nella follia lucida del tenente colonnello Kilgore che surfa su un campo di battaglia, ed è a un passo da Kurtz - a un passo solo - mentre col suo cappellaccio in testa dichiara che il napalm al mattino profuma di vittoria. E’ già quasi un dio pagano, se non per quell’amor proprio e per gli altri, che gli fa ancora considerare i suoi soldati e i suoi nemici “persone” e non “fedeli”.

A un passo solo è Willard, che si lascia incatenare più dalla situazione che dalle sbarre, che sopporta la morte barbara di chi lo traghetta – uno dopo l’altro – verso la voce spietata di Kurtz. A quella faccia sempre mascherata - dalle luci radenti di Storaro o dalle pitture tribali – che però dice la verità e odia la menzogna.

A un passo o forse oltre, il film non lo dice, e neppure il libro.

Un atto di carità o più probabilmente di umanità, permette a Marlow di passare una mano sugli occhi morenti del Kurtz letterario, di portarsi via con sé l’unico superstite del naviglio, per quel che riguarda il capitano Willard.

E sia per Marlow che per Willard la via del ritorno è incerta, perché hanno capito cosa significa essere selvaggi, o forse Dei. La linea è sottile.

C’è l’orrore dall’altra parte, o la fine. Come dicevano i Doors.

..l'8 giugno

...1995 Rasmus Lerdorf invia questo messaggio in un newsgroup annunciando il rilascio di "un set di piccoli binari scritti in C". Nasce il PHP 1.0

(fonte: wikipedia)

il complotto giudoplutoantiproibizionista [complotti]

In generale il bisogno umano di produrre teorie - fondate o infondate, scientifiche, intuitive, deliranti - mi affascina. Questo bisogno di dare senso, di costruire modelli per poter interpretare la realtà, incessante e inevitabile pena il vivere in un magma di oggetti senza senso, tanto simile a quello in cui in effetti viviamo.
Il fascino però non è una categoria necessariamente positiva, a volte sono affascinata da ciò che fa orrore, e in particolare - quando si parla di teorie - sono orrorificamente affascinata dalle teorie del complotto, teorie pseudo scientifiche in grande voga in questi tempi magmatici e amplificate da quella immensa e rutilante rete di gossip e sospetto che è il web, dove pornografia e trame oscure tendono moltiplicarsi all'infinito colonizzando ogni nicchia disponibile.

L'ultima che ho scovato (ho dato una scorsa, non ho letto tutto) svela un disegno giudoplutoantiproibizionista concepito da Antonio Gramsci e oggi sponsorizzato da Soros: legalizzare le droghe, per rincoglionire le giovani generazioni e sovvertire l'ordine costituito.

lunedì 5 giugno 2006

l'indomito arduino [ritratti virtuali]

Ha preso bastonate da tutti, sui newsgroup: da destra, da sinistra e dai moderati, dagli ebrei e dagli antisemiti, dagli uomini e dalle donne, dai cattolici, dai laici, dai mangiapreti, dagli anarchici e dai razzisti.
Sparare su di lui è sparare sulla crocerossa.

Ah, a proposito: pum.

il fascino discreto dell'autarchia


Osservavo i gusci delle telline, sulla spiaggia di Ostia ai cancelli, e al tempo stesso la mia mente che si lanciava in una buffa e ingenua fantasia autarchica: quante telline, in fondo ci si potrebbe anche vivere. Una capannuccia sulla spiaggia e vai: telline a gogò, per tutta la vita. Un brandello di infanzia che fa capolino, una fantasia molto profonda e gratificante, nella sua assurdità, e mi chiedo se solo mia. Quando ero piccola, e passeggiavo nei boschi, non c'era rovo di more, cespuglio di lamponi che non me la scatenasse. Una capannuccia saldamente ancorata tra i rami, e mi pareva che con quelle more, quei lamponi e magari qualche fungo ben scelto ce ne potesse essere per quel che mi restava da vivere, infatti da grande mi sono comprata il Cetto, vol I e II, e di funghi ne so qualcosa (anche se porcini e ovoli li trovo esclusivamente sulle pagine di quel libro).
E anche quando di notte non riuscivo a dormire, spesso mi immaginavo naufraga su un isola deserta, a mangiare pesce e ricci di mare (passione - anche quella - che coltivo ancora) davanti,savasandir, all'immancabile autarchica solida capannuccia di frasche. Persino ora, quando immagino la casa dei miei sogni, la penso prudentemente con camino e pannelli solari: di questi tempi non si sa mai. Una versione post picco della capannuccia di frasche, altro che galline, ovetti e pomodori: colza per l'olio della lanterna, che a leggere la sera - fosse anche la ricetta della ribollita - non ci voglio rinunciare. E' ovviamente una fantasia sciocchina (come spesso lo sono le fantasie, non so le vostre) ma mi sono chiesta se non sorga da una sorta di nucleo duro umano e istintivo. Non faccio un discorso politico - che sono convinta che la globalizzazione sia un fenomeno nato all'età della pietra, inevitabile anche se dove possibile da governare - ma chissà, mi chiedo, se l'idea di questa rete così fitta di dipendenza con tutti gli altri individui del mondo non sia sotto sotto antropologicamente inquietante, e se in cuor nostro ognuno di noi non coltivi il sogno di una ingenua, infantile, rassicurante perfezione autarchica...

giovedì 1 giugno 2006

che voleva dire il papa?

Sento dire, da più parti, che il papa - in una muta risposta a chi lo aveva criticato per non aver menzionato gli ebrei nella sua visita ad Auschwitz - avrebbe condannato l'antisemitismo come "una delle peggiori forme di razzismo".
La frase di Ratzinger però è: "Non ceda [l'odierna umanità] alla tentazione dell'odio razziale, che è all'origine delle peggiori forme di antisemitismo".
Ora, a me questa frase suona molto diversa da quella riportata da radio e titoli di giornale: e detta dal capo di quella organizzazione che è stata - e per quasi 2000 anni - la più grossa responsabile dell'antigiudaismo - ovvero dell'antisemitismo che vedeva gli ebrei non come "razza" degenere ma come popolo maledetto e demoniaco - mi pare un po' uno scaricabarile, ad esser ottimisti. Chissà se quelle che descrivevano così, gli ebrei, erano forme migliori di antisemitismo?