sabato 30 giugno 2007

sacro e profano

Ac., commentando il mio post "si guarda ma non si tocca", dice riguardo all'uccisione/stupro dei tabù:

" [cut] io di solito tabù e predugidizi li preferisco vivi e vegeti, forse perchè penso che senza il mondo sarebbe un poco più noioso."
Anche i pregiudizi, come i tabù, sono - credo - inevitabili, ma mentre i tabù appartengono al sacro, i pregiudizi devono rimanere profani. Impossibile avere una percezione del mondo, senza avere un modello a monte, e un modello è a tutti gli effetti un pregiudizio. Nella salubre e continua opera di revisione del pregiudizio occorre però un costante confronto con la realtà: il tabù è una norma sociale emanata dalla collettività/divinità, che la tiene insieme e le dà identità: il pregiudizio deve restare uno strumento versatile di interpretazione del reale, utile ma flessibile e "sensibile". E' quando viene meno il confronto con la realtà e il pregiudizio diventa sacro, che nascono le più oscene perversioni. Almeno, secondo me.

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L'avevo fatto un po' di tempo fa, questo test, ma il bello dell'esser rincoglioniti è che sembra sempre tutto una novità. Lo consiglio soprattutto perché è divertente da farsi, ed è innovativa la risposta "sfumata" (è sempre irritante rispondere "si" o "no")

My personalDNA Report

lunedì 25 giugno 2007

si guarda ma non si tocca

Il raccontino, tra la fiction e il ricordo, l'ho scritto su usenet, discutendo con una amica di "correttezza politica" e di tabù.
Era ed è una amica grazie al fatto che - grazie al cielo - non si trattava di un newsgroup politico, altrimenti avrei finito con il sequestrarla nello schedario mentale degli "onorevoli nemici".

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Quando ero piccola mio padre aveva una collezione di pipe. Parliamo della metà degli anni sessanta: non vigeva ancora l'attuale moda - dogmatica - del "tabù dei tabù" nell'educazione dei bambini: di sicuro non vigeva a casa mia.
E così - invece di raccogliere le pipe e metterle a igienica distanza in una igienica scatola, chiusa a doppia mandata, e riposta con igienica cura in un igienico scaffale alto della biblioteca - perchè così il pupo non le vede e non si frustra - a me era - semplicemente - proibito toccarle.
Erano sistemate in bell'ordine in un tavolino a gambe basse, su un fondo di velluto nero, a portata delle mie manine, dovevo - anzi - mettermi sulle ginocchia (le mani raccolte dietro la schiena) per guardarle da vicino.
In realtà le potevo sfiorare, brevemente e dalle mani di mio padre, saggiandone per pochi istanti la consistenza e la temperatura mentre lui mi raccontava che la radica è un'escrescenza tra la radice e il fusto di un arbusto mediterraneo, di come gli artigiani la scolpissero in base alla forma naturale, di come la natura e la volontà dell'uomo non sempre fossero in contrasto, di come potessero - anzi - danzare insieme.
Presto capii che le potevo toccare anche in altre occasioni: quando non ero vista. Ne prendevo delicatamente una - di solito quella che mi piaceva di più, di un rosso violento e con piccole macchie nere e fitte e ne saggiavo - finalmente - il peso, la rotondità. L'avvicinavo furtivamente al naso, assaporavo il profumo - dolce - di cui era ancora impregnata. Poi la rimettevo in bell'ordine, a due dita e mezzo da quella color sabbia, che invece non mi piaceva perchè al posto delle macchioline nere aveva delle striscette oblunghe e grigiastre.

Era, la mia trasgressione, un piacere che lambiva il timore, che consolidava il gigantesco genitore dentro di me nel momento stesso in cui lo uccideva tradendolo, una trasgressione che non concedeva nulla alla violenza, alla rottura, e molto invece alla conoscenza e alla coscienza di se' , del proprio limite e del proprio potere.

Per me questo è il tabù, è qualcosa attorno a cui si danza, finchè non lo si uccide, ma non è qualcosa che si ignora. Il confine tra consentito e non consentito è una zona fertile.

domenica 24 giugno 2007

un matematico un po' ritroso

Non entrerò nell'oscena trappola retorica del decantare le lodi del coraggio di chi sa dire di no al vitello d'oro, alle lusinghe della fama, alla carriera. Affogherei in un barile di melassa ipocrita, perché la mia sincera opinione è invece che Grigori Perelman, detto "orso", matematico un po' ritroso, sia un fottutissimo nerd completamente fuori di testa. Ma siccome non ci ho a che fare personalmente (non so cosa pensino di lui quelli che si sono trovati a doverlo "gestire") posso anche dire che mi fa simpatia. E' bello quando il mondo si manifesta in modo imprevisto.

sabato 23 giugno 2007

stuprare i tabù

L'attore comico Michael Richard si diverte a chiamare un suo spettatore "nigger".




Dalla sala, molti si alzano e se ne vanno.

Non c'è giorno in cui un "presunto" originalone (aahahahhahahahahha, non è curioso che i più ciechi e pedissequi imitatori delle mode si ritengano originali?) non si diverta a scatenare scandalo varcando brutalmente i confini della correttezza politica.

La correctness ha stufato. Si vuole poter dire tutto il male possibile degli ebrei, dei negri, dei froci. Si gioca a stuprare l'unico tabù su cui si reggono le nostre fragili società, formate da tessuti di minoranze: il tabù che ritiene "vergognoso" e maleducato offendere in base a criteri etnici, o sessuali, soprattutto se si tratta di una minoranza e ancor di più se si tratta di una minoranza storicamente emarginata o perseguitata.

Mentre i preti/rabbini/mullah e i loro seguaci sbraitano per ricreare un passato patriarcale inesistente, e tappezzano Roma di cartelli sostenendo che ci sia una "unica" comunità da difendere -la famiglia- (vergogna! e la scuola? E il quartiere? Gli ospedali? Le associazioni?) il concetto stesso di "comunità" viene quotidianamente vilipeso .

Non c'è peccato a lambire un tabù, a metterne i ridicolo gli aspetti più grotteschi, più ipocriti, più sciocchi: è anzi il compito specifico della satira, questo. Non c'è peccato ad abbandonare i tabù obsoleti, perchè le società cambiano e se insultare il re o l'aristocrazia poteva essere peccato oggi è perfino superfluo.

C'è peccato a negare la legittimità, a pisciare sopra, a stuprare l'unico tabù che nasce per tutelare e proteggere la convivenza civile.

E infatti giocare con i limiti, con i confini, stuzzicare la frontiera della buona educazione produce conoscenza, svela meccanismi, e provoca ilarità: stuprarli - come va di moda oggi - non fa ridere, per nulla.

Fa solo tristezza.

venerdì 22 giugno 2007

frank zappa su censura e stato etico

una futura nonna dei fiori

A dispetto di qualsiasi età mi capiti tra capo e collo, e perdinci da qualche tempo in qua me ne capitano di tutti i colori, resto in buona sostanza per quanto concerne il luc, una dannata fricchettona.
Non importa quali e quante evoluzioni possa avere il mio pensiero filosofico e politico: potrò fra vent'anni diventare neo-stronz, liberal, conserva-chic, e forse - un giorno - iscrivermi all'UDC (mai dire mai quando si tratta di politica) ma sarò immancabilmente, invariabilmente, una nonna dei fiori.
Corredo questo penoso outing, a cui mi ha portato il blog delle malvestite, con una fotografia dei miei due tutoni, comprati a 8000 lire l'uno tipo 12 anni fa, che da sempre - ad ogni estate - fanno piangere di vergogna il mio figliolo. Per compare le calzature invece, un incrocio bizzarro tra sandali tecno e artigianato hopi, tempestati di perline in vetro verdi e megadiamanti in plastica, ho dovuto accendere un mutuo, essendo oltre che inspiegabilmente orrende, inspiegabilmente care.
Il bracciale, una coroncina di finti diamanti in cristallo giallo e arancione, sono una delle mie innumerevoli concessioni alla passione dello sberluccichio.

Da notare l'escamotage atrocemente malevestito del cuore per mascherare il volto. Spero faccia punti, quei sandali in premio sul blog delle malvestite mi hanno dato l'acquolina in bocca.

martedì 19 giugno 2007

a love story in three pictures


(sequenza arrivata in mail al mio amico Tim)

martedì 12 giugno 2007

Pio

Pio bove un corno. Pio per costrizione,
Pio contro voglia, pio contro natura,
Pio per arcadia, pio per eufemismo.
Ci vuole un bel coraggio a dirmi pio
E a dedicarmi perfino un sonetto.
Pio sarà Lei, professore,
Dotto in greco e latino, Premio Nobel, che
Batte alle chiuse imposte coi ramicelli di fiori
In mancanza di meglio
Mentre io m'inchino al giogo, pensi quanto contento.
Fosse stato presente quando m'han reso pio
Le sarebbe passata la voglia di fare versi
E a mezzogiorno di mangiare il lesso.
O pensa che io non veda, qui sul prato,
Il mio fratello intero, erto, collerico,
Che con un solo colpo delle reni
Insemina la mia sorella vacca?
Oy gevalt! Inaudita violenza
La violenza di farmi nonviolento.

Primo Levi - Ad ora incerta

sabato 9 giugno 2007

della maniacalità intorno alle pentole

Ho ereditato una cosa, da mio padre, e cioè le manie.
A un certo punto qualcosa entra nella nostra testa: pipe, cucina cinese, fotografia, architettura razionalista, e il nostro universo diventa quello. Le riviste, i libri, le passeggiate, tutto è orientato a indagare ed esaurire ogni possibile curiosità riguardo a quel mondo, e nient'altro. E così, ora, dopo alcuni anni di dedizione ai funghi, un annetto di infatuazione per la meditazione vipassana, un periodo di ritorno alla antica passione dell'evoluzionismo e un breve periodo di dedizione alla teoria del caos, eccomi in un qualche modo incastrata in un loop ossessivo nel quale al centro della mia mente stazionano, ctonie e inamovibili, le pentole.
Padelle.
Tegami.
Roba per cuocere, insomma.

Da un po' di tempo sono a caccia dell'idea platonica della pentola, la Padella Universale, lo strumento capace di friggere senza aderire, di non rigarsi, di scaldarsi uniformemente, e dopo accurati studi e riflessioni sono giunta alla seguente conclusione: - se mai a qualcuno avanzasse un po' di stipendio da investire, e fosse come me così poco accorto da investirlo invece che in bot o in cct, o magari in un mutuo, in pentole, consiglio la ghisa.

Le pentole di ghisa hanno una qualità che è rara in generale nel mondo delle cose, rara ed immensamente apprezzabile. Migliorano con il tempo. Come il vino e gli strumenti ad arco. Per quanto uno compri una pentola antiaderente sofisticata e costosissima, la sua vita dal momento dell'acquisto in poi sarà sempre - per quante attenzioni si pongono - un avvicinarsi inesorabile alla morte. Un invecchiamento costante e ineluttabile, un allontarsi dal punto x della perfezione, quella dell'acquisto, per avvicinarsi alla morte. Le pentole in ghisa invece vanno stagionate, curate, e ad ogni uso - se accurato, migliorano.

Il punto x di una pentola di ghisa è un futuro in cui sperare, insomma, e non un passato da rimpiangere.

lunedì 4 giugno 2007

etiche a confronto

Ogni religione ha le sue regole, dei sistemi complessi che reggono impalcature immaginarie e strutture politiche solide e reali.
Io voto, tifo, sostengo - sempre - per chi vuole tenere separate quelle strutture fondate su reti inestricabili di etica, superstizione, arroganza e bellezza dallo stato: sono laicista detto senza smorfie. (leggete il De Mauro al termine "laicista": ma perché consentiamo a Ferrara di forgiare la nostra lingua?).

Quando Monsignor Fisichella - uomo colto e raffinato - ci racconta - a dimostrazione di quanto la Chiesa avesse a cuore la faccenda pedofilia, che era stata messa come priorità accanto ad altri due crimini: profanazione dell'ostia e reati del confessionale, stupisco e sorrido di fronte all'abisso che separa l'etica laica da quella religiosa.
Che usare le ostie come carta assorbente o farci le barchette sia manifestamente considerato più grave che commettere una strage è cosa che - almeno a me - desta meraviglia e stupore, e rafforza la mia convinzione che i due mondi debbano evitare il più possibile di venire a contatto.

domenica 3 giugno 2007

kapital

Le tag di questo post sono la sintesi del mio giudizio - contraddittorio - su questo video.

venerdì 1 giugno 2007

dilemmi

Cochin (07:10 PM) :
se io diventassi scema, diciamo come un gatto, e la Maybe intelligente, diciamo come un umano, secondo te baderebbe al mio sostentamento?
Diotima (07:10 PM) :

Non credo, chi vorrebbe percasa un animale domestico che pesa 70 chili e si scofana due litri di vino rosso al giorno?

scartoffiofobia

Le fobie sono cosa strana.

Evidentemente un giorno, da piccola, ho visto una scartoffia mentre un ape mi pungeva il culo, e da quel giorno lì ne ho un irrazionale quanto sacro terrore.

Non sto scherzando ed è un problema. Nell'ingresso di casa mia le scartoffie di contenuti i più vari - multe, bollette, foglietti con numeri di telefono, pubblicità, si accumulano finché una qualche causa di forza maggiore - e per causa maggiore non intendo punto la scadenza delle bollette, particolare trascurabile, ma - ad esempio - l'arrivo dell'ufficiale giudiziario per il pignoramento - non subentra, costringendomi ad affrontare il mazzo in preda al terror panico.

Un po' come un incendio farebbe uscire di casa un agorafobico.

E così da qualche tempo mi piovevano in casa - come ogni anno - le "ritenute d'acconto" (o certificato dei compensi, non chiedetemi dove sia la differenza) roba che serve a fare un misterioso rito annuale da celebrare sotto la tutela di uno speciale guru chiamato "commercialista".

Credo sia collegato con l'arrivo dell'estate, perché mi risulta che la suggestiva ancorché misteriosa perturbazione cartacea arrivi di solito in maggio.

E così, da qualche tempo, mentre il mazzo ingrandiva si ingigantiva con lui il mio turbamento, diventando zavorra inconscia ogni giorno più gravosa: qualche parte di me temeva che accumulare il cartaceo di pregio in quel mucchio spurio e informe mi esponesse al rischio di arrivare impreparata al rito, di perdere qualcosa di fondamentale: sapevo che protratta oltre un certo limite la rimozione mi avrebbe esposto a interminabili file, a telefonate a numeri verdi e ad ogni sorta di persecuzione da parte di grigie e pericolose Autorità.

Ma ciononostante, e anzi, proprio per quello, accumulavo.

Finché lunedì scorso non mi chiama la segretaria del guru, con voce chissà perché ad un tempo stizzita ed esterrefatta - chiedendomi che fine avessi fatto, e ingiungendomi senza mezzi termini di affrettarmi a prendere un appuntamento.

Ieri - giorno prefissato - ho affrontato il mucchio un'ora prima del rito.


Dirimere un cumulo di scartoffie è un po' come fare un carotaggio nei ghiacci, o studiare i cerchi di un tronco.

Ogni strato corrisponde ad uno specifico periodo: e le promozioni GS fresca primavera, multe riferite al periodo in cui ignoravo la presenza di ausiliari del traffico acquattati all'incrocio sotto casa mia (intorno a febbraio) auguri natalizi, sotto sotto, nel primo strato, una busta chiusa il cui contenuto mi ha chiarito senza ombra di dubbio i misteriosi moti dell'animo della segretaria.