martedì 25 aprile 2006

miti di fondazione

In un articolo su Libero di oggi Nicholas Farrell invita [1] gli italiani ad andare a commemorare il 25 aprile al cimitero inglese, invece che ricordare la lotta partigiana.
La lotta partigiana (da leggere l'articolo di Ipazia in memoria di Enzo sereni e della brigata ebraica) ha avuto un ruolo certamente marginale, da un punto di vista militare, se paragonata all'intervento degli alleati: tuttavia il contributo di quei pochi è stato fondamentale al riscatto di una nazione che il fascismo l'aveva voluto e foraggiato, e la Resistenza è - o è stata fino a qualche anno fa - alla base del mito di fondazione, collettivo, della Repubblica Italiana.
Il mito di fondazione è una necessità di ogni gruppo sociale umano, a partire dalla tribù per arrivare agli imperi e alle nazioni, da Romolo e Remo alla Mayflower: imprescindibile per qualsiasi collettività, come tutti i miti ha ovviamente degli aspetti fantastici - persino quando è basato - come in questo caso, su solidi elementi di realtà.
La distruzione dei miti di fondazione del nostro paese - la Resistenza ma anche il Risorgimento - ad opera della destra, non è una novità. La riconciliazione nazionale, l'equiparazione di aggressori e aggrediti, la concordia tra vincitori e vinti - ritornelli ricorrenti da molti anni - rovesciano il contenuto profondo della festa, neutralizzandola: all'identificazione nazionale con l'antifascismo - irreale nella sua coralità - ma funzionale a necessità antropologiche, si è sostituita la concordia nazionale: ovvero il nulla.
Ammetto che non so come leggere - se non con un senso di vaga irritazione - l'appello di Prodi al voto referendario, in occasione del 25 aprile. Se da una parte è vero che la costituzione italiana è nata da una larga maggioranza che allora non aveva difficoltà a definirsi "antifascista" e che questa stessa costituzione rischia di essere non cambiata ma totalmente snaturata, e da una operazione certamente non basata - come invece dovrebbe - su larghe intese, è altresì vero che Prodi, approfittando della ricorrenza per chiamare al voto, dà un ultima e forse definitiva picconata a questo nostro fulcro identitario. Trovo, in altri termini, che l'intervento di Prodi sia giusto nella sostanza ma inopportuno nella forma: forse sarebbe stato più utile appellarsi ai valori della costituzione, in occasione del 25 aprile, senza riferirsi direttamente a quel referendum che la vuole giustamente salvare.
Quello che mi chiedo è, essendo profondamente convinta che alcune necessità antropologiche siano imprescindibili, su cosa fonderemo la nostra nazione?

[1] Ma come è possibile che Feltri ospiti nel suo giornale articoli così rozzi, infantili e mal scritti? Ne chiedo ragione ai suoi estimatori.

2 commenti:

Palmiro Pangloss ha detto...

Quoto tutto. Aggiungo che dal '45 si continua a dimenticare il ruolo dei soldati, avieri e marinai dell'esercito italiano cobelligerante che erano alcune centinaia di migliaia e al pari dei partigiani delle varie formazioni hanno combatutto per la sconfitta del regime fascista e la liberazione dai tedeschi. Del mito fondante dovrebbero far parte anche loro, credo.

ipazia.dioniso at gmail.com ha detto...

splendido!