sabato 12 settembre 2009

fantozzi, le sinecure e le bambole sul letto

Mi disgusta, è vero, il complesso - giustificatissimo - della destra di non produrre cultura, perché prende una forma aggressiva - come sempre accade con i complessi - per diventare ignoranza autocompiaciuta: il complesso - una volta entrato come slogan in circolazione - diventa luogo comune, un meme contagiosissimo e ad alta diffusibilità - come è logico - essendo il mostrare i muscoli bene oliati o dimenare le chiappe su un cubo assai più semplice, immediato e remunerativo che studiare i quanta, l'Arte del Gandhara, l'oboe o avere la più pallida nozione di cosa sia Eisenstein.

E grazie al cazzo.

Mi chiedo solo: se la nota recensione di Fantozzi diventa un inno di liberazione nazionale, perché non anche la sua proverbiale sottomissione al Padrone? In fondo pure quello mi pare un tratto molto "nazional popolare", no? Un tratto culturale tipico, DOC, da conservare come identità insieme alla pizza, al rosario, al ragù e alla bambola tutta pizzi sul lettone matrimoniale.

Fatta questa premessa però credo sia inevitabile indagare su come la sinistra sia riuscita a dissanguare il suo patrimonio culturale, così florido nel dopoguerra e via via più povero durante lo squallore provinciale della prima repubblica.

Erano anni di benessere, quelli, e l'abbondanza dovuta al ritrovarsi dalla parte giusta della barricata (oltre che al disporre di fonti energetiche a basso costo, ma è un altro discorso) veniva distribuita a piene mani, purché il sistema non venisse messo in crisi.

E così, se chi stava al governo poteva lucrare sulle infrastrutture e sistemare tutto il parentame nella pubblica amministrazione chi stava all'opposizione aveva una fetta di torta su una faccenda che alla DC interessava poco. La cultura, appunto.

Trovo orribilmente scialbo e modaiolo il bollare sommariamente qualsiasi sperimentazione come "arte degenerata": la sperimentazione e la capacità di dire cose nuove sono elementi importanti nell'arte e non è affatto obbligatorio che siano sempre fruibili come caramelline, ma quello che succedeva in quei tempi infausti funzionava così: chi riusciva a tirare su una compagnia teatrale e a mettere le mani sulla bumba (ovviamente, non per via di merito ma solo ed esclusivamente di conoscenze) faceva "teatro sperimentale".
Ovvero metteva su dei testi tanto pomposi quanto destrutturati - che la costruzione narrativa è fatica - e li faceva recitare dal parco di cugini, amici, fratelli aspiranti attori - sempre e invariabilmente del tutto incapaci e incompetenti. Potevi solo sperare di non avere amici nel giro che ti offrissero un omaggio (e a me non capitava, ne avevo purtroppo moltissimi) perché il risultato era una tale puzzolentissima pizza di merda che gli spettatori paganti in sala erano ne' più ne' meno che zero.

Ogni sera una replica, pagata dai contribuenti, a spettatori zero esclusi i tapini incastrati con i biglietti omaggio.

Il cinema non andava meglio: quanti articoli 28 sono mai arrivati in sala? Eppure a vincerlo erano in tanti, e sarebbe costato meno mandare i registi a scaccolarsi in un ministero.

E così un paese che aveva avuto il neorealismo, Fellini, Pasolini (non mi pare fossero gente di destra, eh) regalava il suo patrimonio al cinema americano, che sapeva trarne buon uso, e a casa lo disperdeva in un rivolo di sinecure e privilegi - quelli sì - come Fantozzi - tratto nazional popolare trasversale a tutte le ideologie e culture politiche da noi.

4 commenti:

Yossarian ha detto...

Cazzo Rosa, questo post e' interessantissimo, supercomplimenti.

E dal momento che abbiamo visto le stesse cose nello stesso periodo e bazzicato gli stessi ambienti (che bazzico tuttora qui in UK) e che il sottoscritto si e' sempre guadagnato il pane scrivendo e suonando (la musica era il 'rinforzo' semprofessionale allo stipendio) in Italia, il che e' gia' di per se' un'impresa, mi piacerebbe proprio discuterne con te.

Hai sollevato argomenti molto interessanti e vorrei farmi un bella chiaccherata con una 'collega' intelligente e capace, anche se purtroppo cuminista.

:-P

Scusa per l'introduzione tipo Curriculum Vitae, non e' nel mio stile, anzi io sono il re dell'understatement, ma e' necessaria perche' specie quando si affronta il tema della sperimentazione non e' un buon viatico per una discussione costruttiva quello di dirsi "taci, sei buzzurro e di arte e cultura non capisci un cazzo" solo perche' magari affermo che una parte dell'arte moderna (vedi Damien Hirst) e' assolutamente sopravvalutata e autoreferenziale.

Ora pero' vado a fare la spesa e ripassero' piu' tardi.

A dopo

Non ti anticipo niente perche' mi sto gia' leccando i baffi.

Non polemica ma dialettica.

Bel post Rosuzza, a piu' tardi.


CUMINISTA! ETNO-CHIC!

Questo cosi' perche' mi andava, prendilo come un 'warming up'


;-)

Rosa ha detto...

ahahhahahahahahah, sempre pronta a fare un bello scazzo, a più tardi.

Yossarian ha detto...

Scusa il ritardo Rosuzza.

Allora:

Sul ‘sistemare il parentame’, mi tocca dolorosamente farti notare che la pratica in Italia e’ sempre stata trasversale e attraversa tutti gli schieramenti politici.

Quanto alla sperimentazione Rosa, e’ bene chiarire una cosa.

Il problema e’ che la sperimentazione va benissimo, ma deve essere un mezzo e non un fine.

Questo era ed e’ il grosso problema di una certa sinistra alternativa e di tutti i cazzo di spettacoli alternativi per cui magari ho scritto o suonato.

Rappresentare Giulietta e Romeo in un ex macello dismesso dove Capuleti e Montecchi fanno di professione i salumieri, puo’ essere originale e anche interessante se e’ un eccezione e non la norma.

Dal momento che la sperimentazione e’ per natura, incompleta e aperta a molteplici possibilita’ non puo’ e non deve diventare la norma, come pretendono certi fessi.

Altrimenti avremo un‘arte e una cultura fatta di bozze di libri, di suonate o canzoni incomplete, di tele preparatorie di quadri et similia.

La sperimentazione deve fungere da ‘laboratorio di ricerca e sviluppo’ dell’arte, ma non puo’ diventare l’unico ed esclusivo prodotto finito da presentare al pubblico.

Senza contare che quel modo di fare arte di cui parli nel post, presuppone una arroganza, un egoismo e un disprezzo per la gente che mi fa rivoltare lo stomaco.

La sperimentazione e’ un punto di partenza e non di arrivo, e questo e’ sempre stato l’errore fondamentale di tutti quei suonati che la praticano e pretendono che l’arte diventi sperimentazione inaccessibile. Molto spesso anche per nascondere l’assoluta mancanza di talento.

E’ facile recitare la parte degli ‘incompresi’ quando i tuoi attori e musicisti oltre a non avere le capacita’ tecniche, non hanno un cazzo da dire se non il bearsi di non avere un cazzo da dire per trasformarlo in ‘sperimentazione’.

E poi, dio cristo, un minimo di gusto e di vera originalita’ e non pippe mentali.

Non ci vuole Shakespeare.

Io non sono certo un Pirandello, ma se dovessi mettere in scena un ‘Aspettando Godot’ sperimentale, lo ambienterei in una gigantesca stazione ferroviaria tipo New York o Milano, con un casino di gente che viene e che va.

Non ci vuole Ibsen per capire il perche’: il tema dell’alienazione, delle crisi d’identita’ e dell’incomunicabilita’ di pochi personaggi che assume un valore possente su di un palcoscenico scarno e desolato, verrebbe ribaltato e paradossalmente amplificato in un luogo pieno zeppo di gente che non si caga di striscio.

Immaginati i dialoghi di Vladimiro ed Estragone, continuamente disturbati e interrotti da viaggiatori con le valige e venditori di hot dog. Esclusivamente di passaggio, non si fermano nemmeno a interagire coi personaggi, se non per chiedere a che ora parte il locale per Bisceglie.

Il teatro dell’assurdo al cubo.

Lo so e’ un’idea del cazzo, ed e’ tanto per fare un esempio, ma e’ diversa e forse piu’ stimolante di quelli che fanno arrivare Pozzo vestito da SS , o Giulietta come badante rumena e Romeo come cugino di Borghezio (cazzo questa mi piace!).

In sostanza, esiste nella sperimentazione sbagliata un gusto per ‘l’estetica’ della rappresentazione che travalica paradossalmente quello che dovrebbe invece il ‘contenuto’, al fine di rendere ‘diversa’ e nuova un ‘opera.

Non e’ ‘arte degenerata’ Rosa: sono artisti pirla.

Io credo che un’artista debba comunicare col pubblico e non fornire un’opera e un manuale d’istruzioni per capirla.

Sono io che come artista devo farmi capire ( anche alla Pollock va benissimo non sto parlando di ‘forme riconoscibili e facili’) e se non funziona non posso trincerarmi dietro : ‘avete gusti filistei e non capite un cazzo ‘.

Non e’ intellettualmente onesto.

Rosa ha detto...

Perchè tu, avendo tuo malgrado una forma mentis rigidamente marxista, enfatizzi nell'arte il contenuto. Il "messaggio", tanto per usare un termine da brividi nella schiena. E - perdonami - questo si vede anche dalla tua messa in scena di aspettando Godot, in cui "sociologizzi" un tema universale per cavarne un messaggio politic/sociologic/antropologico, depurandone anche la forma. E'come se prendessi un quadro cubista - la cui ricerca è formale - ne recuperassi i pezzi di volto scomposti e li ricomponessi per recuperare il "senso" del tradizionale ritratto, dove ciò che viene rappresentato è saldamente ancorato al modo della visione "ottica" e soggettiva. Mettendo in scena il tuo Godot in una stazione ferroviaria, dove l'attesa - vana o meno - non è l'assurdo ma la norma lo pulisci delle scorie dell' "assurdo" e lo riporti al canone. Rimetti compostamente il naso di Dora Maar al posto dove deve stare.
Potrebbe anche venirne fuori un opera interessante, intendiamoci: voglio solo dire che che se il tuo pensiero vetero-marxista dell'intellettuale organico, della denuncia dell'arte come sterile "forma" in favore dell'arte come messaggio diventa un pensiero unico, una "norma" - come tu auspichi distillando con tanti pochi dubbi il "mezzo" dal "fine" (ovvero la forma dal contenuto) - rischia di diventare angusta e pericolosa. Il tuo ideale dell'arte da realismo socialista è sicuramente molto più immediatamente fruibile del Dada o del cubismo, non dubito. L'importante è che non annienti ideologicamente quello che non rientra nel canone.


Ah, a propò: com'è che "mi fai notare" la trasversalità della tendenza italiana al sistemare il parentame, quando era in effetti esplicitamente quello che sostenevo nel mio post?