lunedì 11 dicembre 2006

l'ipocrisia di chi auspica il terzo esodo

Nei commenti a perchè Fatima dovrebbe riconoscere Israele un anonimo ha postato un lungo articolo tratto dal Manifesto, che ripropone l'idea dello stato binazionale. Come al solito, sorprende l'ipocrisia di chi scrive. Prima di tutto è evidente che - di fatto - uno stato binazionale, con il ritorno di tre/quattro milioni di profughi in una terra grande quanto il Lazio, cresciuti nei campi profughi arabi ed educati all'odio del nemico sionista, rappresenterebbe senza possibilità di dubbio il terzo esodo per gli ebrei israeliani: ora, nessuno degli antisionisti venuti a discutere qui finora è stato capace di spiegarmi per quale motivo gli ebrei dovrebbero accettarlo e cessare di combattere. Questa prospettiva rende di per se' giustificabile la orribile prassi di mantere i territori in ostaggio nella speranza di trattare la pace in cambio della terra: nessuno accetta la propria fine, non c'è motivo morale che possa convincere chi sta per essere scannato che così è giusto.
L'articolo, per sostenere - pur senza ammetterlo a chiare lettere - l'esodo degli ebrei da Israele, deve fondarsi su menzogne e può farlo grazie all'ignoranza diffusa. La prima menzogna è quella della pulizia etnica. I cittadini arabi - mussulmani o cristiani - di Israele non solo non sono uccisi ne' deportati, ma sono titolari di diritti alla pari degli ebrei, compreso il diritto di associazione e di voto. In quale altro caso si parla di pulizia etnica in un paese dove la minoranza che sarebbe oggetto di genocidio ha diritto di associarsi, fondare partiti, fare affari, praticare la propria religione, partecipare alle istituzioni alla pari della maggioranza? La teoria della pulizia etnica, fatta per gettare fumo e confondere la questione, si basa sulle condizioni dei palestinesi dei territori, condizione che - paradossalmente - cesserebbe di esistere nel momento stesso in cui Israele venisse riconosciuto e si procedesse a quella trattativa che i palestinesi rifiutano. La seconda - incredibile menzogna è quella dello stato confessionale. Indubbiamente i partiti religiosi hanno in Israele un peso maggiore del loro numero, anche per un meccanismo tipico del sistema elettorale proporzionale, ma lo stato di Israele è laico. I religiosi possono dare fuoco ai cassonetti per il gay pride e boicottare la el-al che vola di sabato, ma sono e restano una minoranza. In Israele infatti ci sono i pacs (e gli omosessuali palestinesi chiedono - e ottengono - asilo in IL) di sabato chi vuole lavora, e i cristiani allevano serenamente maiali. La stessa cosa non si può dire dei palestinesi: Hamas è un partito fondamentalista islamico, tutt'altro che laico, e l'intera questione palestinese è stata fatta propria da jihadisti di tutta l'aerea, da Hezbollah all'Iran. A me piacerebbe capire quali forze, secondo l'articolista del manifesto, dovrebbero occuparsi di mantenere la laicità, la democraticità, del futuro stato binazionale, a fronte del fatto che i palestinesi - che sarebbero maggioranza - hanno scelto per loro stessi di essere rappresentati dai fondamentalisti religiosi. Sarà mica che costui - al pari di Bush - ritiene la democrazia, la laicità, essere beni esportabili?

12 commenti:

Anonimo ha detto...

rosalux io ci riprovo, nonostante le accuse e la deliberata (e reiterata) mancanza di risposte a quello che ti ho già scritto in merito. Ci riprovo perchè la questione mi preme, non poco, e non è assolutamente mio interesse accattivarmi le tue simpatie - sia chiaro.
Tu dici che "nessuno degli antisionisti venuti a discutere qui finora è stato capace di spiegarmi per quale motivo gli ebrei dovrebbero accettare" un "terzo esodo" che sei tu (e - sfortunatamente - non solo tu) a dare per scontato.
Se può davvero interessarti discutere su questa - e le altre - cose, senza troncare di netto la possibilità di avere un confronto come hai fatto in precedenza, e in maniera più superficiale la tua amica, chiudendoti a riccio su cose come "essere scannati" o su - converrai con me - "parziali" idee di "giustizia" (o sul fatto che gli altri sono "pazzi" o "cretini" o tutto il resto), sarò ben disposto a discutere del perchè quella della "pulizia etnica" non è proprio una "menzogna" e a parlare della questione che si "nasconde" dietro quello che chiami "stato confessionale" (cosa che - a ben vedere - Israele non è).
Se sei interessata bene, ne parleremo, altrimenti ok - hai ragione tu. Però non dire che nessuno ti ha risposto a meno che le risposte non siano proprio quelle che ti vuoi sentir dare.
In qualsiasi caso, mi farebbe piacere ricordarvi le parole di Rabbi Ahron Cohen*, esponente del Mapam ed alleato del governo di Ben Gurion, pronunciate il 6 maggio 1948:

«E’ in corso una espulsione deliberata - dei palestinesi, […] altri possono essere contenti, io, come socialista, ne ho vergogna e sono spaventato […]. Vincendo la guerra e perdendo la pace, lo stato di Israele quando sarà creato, vivrà sopra la propria spada».

*Rabbi Cohen sta partecipando, in questi giorni, alla conferenza di Teheran, che i nostri media amano odiare, insieme ad altri ebrei anche "laici", come Norman Finkelstein.

Anonimo ha detto...

Solo un'ultima rettifica di quanto detto in precedenza: l'Aharon Cohen della citazione non è il Rabbi Cohen della conferenza. Prego mi si perdoni la svista.

On May 10, 1948, Aharon Cohen, the director during the war of the Arab Department of the newly formed MAPAM party, wrote in a memorandum to the party's Political Committee:
"There is a reason to believe that what is being done . . . is being done out of certain political objectives and not only out of military necessities, as they claim sometimes. In fact, the TRANSFER of the [Palestinian] Arabs from the boundaries of the Jewish state is being implemented . . . the EVACUATION/CLEARING out of [Palestinian] Arab villages is not always done out of military necessity. The complete destruction of the villages is not always done only because there are no sufficient forces to maintain a garrison." (Expulsion Of The Palestinians, p. 181)

Aharon Cohen was (1948) the director of Mapam's Arab Department. In 1960, he was convicted of treason for illegal contacts with Soviet agents.

saluti

Anonimo ha detto...

Le parole nel 1948 sono, come dire un po' datate, come lo è, ormai, la guerra promossa nella stessa data, dalla lega Araba. Se andiamo indietro, alle radici, va ricordata anche quella no?
La conferenza di teheran? riunirsi in tanti e con quale solennità, non per discutere, ma per negare che ci sia stata la shoah, evento oramai ultra documentato storicamente e provato da mille cose, mi sembra una cosa politicamente ed eticamente infondata e da respingere senza se e seza ma, e chi se ne importa se Filkestein, mediocre autore, di una supposta industria dell'olocausto è presente, sembrerebbe passato dall'accusa di strumentalizzazione a fautore di una qualche negazione, evidentemente va peggiorando, peggio per lui!!

Tom Segev ,con il Settimo milione ,ha affrontato il legame tra olocausto e nascita di israele con durezza maggiore di quanto abbia fatto Filkestein, ma certo con degli intenti un po' differenti, intenti storici e non liquidatori, e assente a Teheran. Ma del resto quale storico degno di questo nome potrebbe partecipare ai lavori di un convegno sul fatto che la shoah non è esistita e che è pura invenzione ai fini della costruzione di uno stato ebraico?
Suvvia..
maria

Anonimo ha detto...

le cose che scrivi mi sembrano di una autoevidenza tale che parrebbe uno spreco di tempo anche il ribadirle. Parrebbe, perchè, appunto, non lo è. Il problema per cui non si voglia ammettere che le cose vadano nel modo che descrivi mi sembra più una questione ideologica che altro. Vedo che ti definisci (per fortuna) antideologica e di certo lo capisci benissimo. Certo, lo stupore per la negazione della realtà rimane, ma stupirci è una delle non molte libertà che abbiamo.

Anonimo ha detto...

Quello di Segev è un grande libro - e forse il primo ad affrontare seriamente la questione. Non per questo mi sentirei autorizzato a rifiutare Finkelstein, autore quantomai coraggioso di un testo che si pone obiettivi diversi. Mettila così, brutalmente: Segev si occupa dell'"interno", Finkelstein dell'"esterno". Il convegno è discutibile per molti degli interventi che include, ma non è universalmente da stigmatizzare: c'è la volontà da parte di alcuni - revisionisti, neonazisti e feccia di varia estrazione - di "minimizzare" (non negare) l'olocausto, ma non è lo scopo del seminario - che si pone sulla denuncia dello sviluppo "strumentale" del sionismo a scapito delle istanze confessionali da cui si mosse. Cosa sulla quale è impossibile discutere altrove (Europa). Certo non selezionare gli interventi è stato un errore da parte di Teheran, bastevole a scatenare il fuoco incrociato dei nostri media e a legittimare le ulteriori sparate di Olmert nella sua visitina europea. O forse è proprio quello che Ahmadinejad si auspicava...
Per quanto riguarda il '48: perchè se a parlarne sono alcuni (le giuste "vittorie"...) è legittimo e se a farlo sono altri ("il passato è passato"...) non lo è mi risulta ancora "difficile" da comprendere. Ma tant'è. diego

ps: libri, a proprosito di...
siamo in tema, ne approfitto e te ne segnalo uno dalla prospettiva, diciamo così, "religiosa":
Yakov Rabkin
"Una minaccia interna. Storia dell'opposizione ebraica al sionismo" - Ombre Corte 2005
Nel panorama editoriale (quale?) italiano in merito all'argomento, è una perla rara.

Anonimo ha detto...

Ho letto anche Finkelstein, ma non mi è piaciuto e non perché sostenga la tesi dell’industria dell’olocausto, cosa che tuttavia non condivido, ma perché non la prova.
Voglio dire che le opere narrative, poetiche, saggistiche, cinematografiche che si sono occupate della shoah sono tantissime, alcune bellissime altre meno, ma certamente non facenti parte di un piano prestabilito dal cosiddetto SIONISMO.
Voglio dire chi ha ordinato a Marguerite Duras di scrivere il dolore, e chi a quel regista di cui non ricordo il nome , il fim Train de vie, oppure chi ha commissionato quel bellissmo volume, per restare a casa nostra, la Menzogna della Razza, e a Gillo Pontecorvo chi ha ordinato di girare il film Kapò, e ai numerosi saggisti che hanno scritto pagine sulla shoah, Todorov, Levi, e tanti altri e icomuni libri di memoria, e i riferimenti nei romanzi, pensa alla Storia di Elsa Morante o 16 ottobre 1943 di De Benedetti, oppure Il Giardino dei Finzi Contini e tanti altri, dovevano forse astenersi per il timore che qualcuno poi li strumentalizzasse?
Ovviamente un evento come la shoah , centrale nella storia del Novecento , ha prodotto sul versante della memoria, su quello storico e su quello creativo infiniti prodotti, e allora?
Certo ci saranno state strumentalizzazioni anche da parte di settori sionisti, israeliani, ma da qui a dire che c’è stata un cosciente industria dell’olocausto tesa a favorire sempre e comunque gli israeliani ce ne vuole.
Riguardo al passato, io stigmatizzo, per quello che vale, anche il ricordo delle guerre vinte, per il semplice motivo che non hanno risolto il conflitto, conflitto irrisolvibile con la potenza delle armi.
Riguardo al taglio della conferenza di Teheran che tu dici non essere dedicata soltanto alla negazione della shoah, che dirti, a giudicare dalle cose che si leggono direi invece che è proprio così e non penso sia solo colpa della stampa.
A proposito di libri invece ti segnalo, una storia del sionismo,
Verso la terra promnessa del rabbino inglese progressista Goldberg, che ritiene la condizione diasporica preferibile a quella statuale, ovviamente non auspicando la distruzione di israele.
Libro interessante che contiene cose e affermazioni molto poco scontate e che potrebbero stupirti.
maria

Anonimo ha detto...

- dovevano forse astenersi per il timore che qualcuno poi li strumentalizzasse?
Non mi pare che Finkelstein suggerisse (o si auspicasse) una cosa del genere. Cioè, è una cosa che non sta da nessuna parte: convieni con me che si tratta di moltissimo materiale, di memoria culturale europea. Immaginatelo come "terreno fertile", magari, ma assolutamente indipendente dalla volontà degli autori, dei lettori, mia e tua, per carità. Cioè, non è che siamo pazzi veramente...
- da qui a dire che c’è stata un cosciente industria dell’olocausto tesa a favorire sempre e comunque gli israeliani ce ne vuole.
Infatti chi l'ha detto? La consapevolezza che l'olocausto potesse essere "sfruttato" a fini "politici" - se mai c'è stata, e io credo di sì - è una cosa nata non prima del '67, allorchè cominciavano a "scemare" in occidente le simpatie nei confronti dello stato ebraico. E per "industria" si intendono metodi di "distrubuzione", di accorgimenti formali, non tanto i contenuti e gli autori degli stessi "al soldo" dei terribili sionisti. La "giornata della memoria" è storia recente, per esempio: quanto può considerarsi "spontanea"?
Ho letto il libro di Goldberg e confermo il tuo giudizio. Consigliato anche agli altri (eventuali) lettori.

Anonimo ha detto...

Ho ripreso in mano per un momento il libro di Finkelstein, hai ragione non si fa cenno alla memoria culturale di cui parlavo, sarebbe stata un intralcio poco demolibile. La sua industria è molto nascosta e tende la mano ai peggiori luoghi comuni.
Nel libro si parla molto di America, di soldi, di indennizzi, con un linguaggio molto particolare, si parla di forzieri delle comunità ebraiche, forzieri, parola, che evoca favolosi accumuli di denaro, si citano qua e là autori più o meno celebri e sempre con una frase e via ,perchè tutto deve essere riportato al protagonista principale, alla voce narrante che è appunto L'industria dell'olocausto, si legge spesso, l'industria dell'olocausto promosse, oppure, chiese, oppure stabilì, come se esistesse una signora o un signore che si chiama industria dell'olocausto...
Il libro non è chiaramente un libro di storia come quello di Goldberg, Segev, Neuman e se ne potrebbero citare tanti altri ma soltanto un sorta di panphlet da un titolo molto furbo, si fosse chiamato semplicemente considerazioni critiche sulla shoah , avrebbe avuto una risonanza ben diversa.

Rimane il fatto per certi versi vero dell'uso della memoria in chiave filoisraeliana, questo possiamo riconoscerlo, c'è su questo tema un bellissmo articolo di Levi dalla Torre su uno degli ultimi numeri di Diario destinati al giorno della memoria.

Io non ero ostile al giorno della memoria ma lo sto diventando perchè ogni anno che passa la shoah diventa sempre di piu qualcosa di istituzionalizzato, di costretto in una visione celebrativa che come ogni celebrazione risulta in qualche modo svuotata e proprio di quegli aspetti vitali che riguardano non solo gli ebrei ma tutti.La giornata della memoria rischia di essere sempre di più al centro di una partita che non finisce mai,il conflitto israelo palestinese, invece di riguardare gli ebrei massacrati nel Novecento e la cui memoria dovrebbe essere accostata per sempre alla rinascita dell'Europa dopo la sconfitta del nazismo.

maria

Rosa ha detto...

x diego: a me va benissimo dialogare, ma quando tu ti scandalizzi del fatto che la stampa italiana abbia reagito con disgusto alla conferenza "scientifica" promossa e tenuta da gente che (per biechi motivi propagandistici ed economici) sostiene che l'olocausto è un mito, ti devo magari raccontare come, da chi è perchè mi è stata raccontata la faccenda? Per poi sentirmi ribattere che "strumentalizzo" la shoah?
x maria: sono d'accordo con te, anche a me urta la dimensione commemorativa che ha preso la giornata della memoria. Fra l'altro riguardo sulla shoah c'è molto da studiare, analizzare e capire: in questo senso condivido in pieno quello che dici, la comprensione dei meccanismi di quello che è stato il più enorme crimine ideologico della storia è fondamentale per tutti, non solo per gli ebrei: soprattutto oggi che il negazionismo è diventato "normale".

Anonimo ha detto...

- La giornata della memoria rischia di essere sempre di più al centro di una partita che non finisce mai,il conflitto israelo palestinese, invece di riguardare gli ebrei massacrati nel Novecento e la cui memoria dovrebbe essere accostata per sempre alla rinascita dell'Europa dopo la sconfitta del nazismo.

Vero. Ma leverei il "rischia di essere sempre di più" sostiuendolo con un "è nata per essere": la ricorrenza è stata istituita in Italia con una legge, la 20 luglio 2000 n. 211, quindi solo sei anni fa. Perchè solo sei anni fa?
Ho cercato di rispondermi prima qui e poi - con piglio forse più "estremo" - qui.
Ricondurre quella che è la nostra storia sui giusti binari, fuori dallo spettacolo e l'uso strumentale che esso permette e sostiene sarebbe un ottimo punto di partenza per svincolare la memoria delle vittime dall'abuso perpetrato su altre vittime.
Mica facile. Cose come Teheran sono le solite occasioni sprecate inscritte in quelle che sono dinamiche di guerra. In cui - ovviamente e, forse, giustamente - tutto è permesso.

Rosa ha detto...

x Diego: Non ti seguo: lo stato di Israele è stato fondato nel '48, la giornata della memoria è stata istituita nel 2000. A cosa associ la data del 2000? Su cosa fondi la tua certezza? L'anno scorso a Torino la giornata della memoria è stata dedicata agli zingari. Perchè proprio l'anno scorso? Cosa ne dobbiamo dedurre?
La Shoah ha suscitato corsi e ricorsi di interesse, ed è stata "sfruttata" politicamente a destra e a sinistra in Italia, per esempio da Fini per sdoganarsi. Tu ritieni che gli ebrei siano in grado di influenzare la politica italiana? Tramite quali sistemi? Mi sai spiegare su quali dati scientifici basi queste tue certezze? O le basi banalmente sul luogo comune che "gli ebrei hanno potere"?

Anonimo ha detto...

Rosalux,
io credo che la storia del potere ebraico, sempre esistita come ben sai, viva da molti decenni una nuova veste, prevalentemente immaginata, ma con un qualche fondamento politico, più che sociale.
Israele per una serie di ragioni che non sto qui a richiamare è il principale alleato della più grande, ed unica, per adesso, potenza mondiale, gli Usa. Molti pensano addirittura che sia Israele a dettare la politica americana, in quanto piccola grande potenza situata in luogo strategico, il Medio Oriente, ecco allora l'antiamericanismo che si collega quasi automaticamente a israele, mettendo
in ombra le "ragioni" di israele o trasformandole in motivi neo coloniali sin dalla sua nascita.
In una situazione come quella attuale la puntuale distinzione tra ebreo, israeliano e sionista non è sempre facile da esercitare.
Sul piano italiano o europeo forse fa gioco il ruolo di visibilità che l'ebraismo ha in qualche misura ,ma che viene enfatizzato;, quando si parla, per esempio, di giornalisti ebrei importanti si trascura sempre il fatto che ve ne sono di importanti anche tra i non ebrei e così vale per i banchieri, gli imprenditori, insomma si tende sempre a sopravvalutare o a denigrare gli ebrei, non si considerano mai come delle persone che possono essere povere , ricche , di destra, di sinistra, colte e incolte, stupide e intelligenti.
Spesso trovo un atteggiamento quasi speculare tra chi a destra ritiene che Israele abbia una funzione salvifica per la democrazia e chi, in alcuni settori della sinistra, israele sia di ostacolo a chissà quali programmi di giustizia. Comunque io credo che fino a quando non ci sarà pace in medio oriente tutti i luoghi comuni, che hanno al loro centro un fondo di "verità", George Mosse per esempio dice che il ruolo di eccellenza che gli ebrei tedeschi avevano nella repubblica di Weimar, facilitò l'opera di hitler convogliando su un gruppo sociale odio, frustrazione, risentimento, e paure presenti nella società di allora,fin quando non ci sarà pace dicevo tutti i vecchi luoghi comuni saranno rinfocolati in buona o cattiva fede e sotto altra veste.
La pace in medio oriente e la creazione dello stato palestinese con una continuità territoriale ben definita porterà chiarezza e farà crollare i pregiudizi che alcuni ancora hanno, che vengono da lontano e che si nutrono in alcuni casi però di tragico presente.
maria