Sono stata, a Luglio, a visitare il Museo Madre di Napoli, che mi era stato consigliato da amici.
Al di là della collocazione, del restauro e dell'integrazione della chiesa sconsacrata, a loro modo suggestivi anche se niente di che, devo dire che non mi è piaciuto affatto.
Durante tutta la visita, culminata all'ultimo piano con la mostra Temporanea su Manzoni, ho pensato...a Manzoni, e alla sua merda d'artista. Molta arte piattamente decorativa (stanze/opera mediocremente decorate) molta arte ideologica, un paio di pezzi per epater le bourgeois, tipo una raccapricciante pecora morta in formalina, qualche sala su mostri sacri del passato, Burri, Fontana.
E ho pensato a Manzoni perché se ci si dovesse basare - per giudicare l'arte contemporanea - su quel museo si avrebbe la sensazione - vagamente nauseabonda - che da 40 anni a questa parte tutto quello che sanno dire gli artisti è che essa è defunta. Che l'arte anzi non esiste affatto, essendo essa soltanto mercato. Forse non è mai esistita, da 40 anni riflettono incessantemente gli artisti figurativi, equivalenti pittorici di quei musicisti che - probabilmente stremati della loro stessa cacofonia - si son messi a scrivere musica e a metterla nel cassetto.
Manzoni, e la sua Merda d'Artista, potevano avere una potenza satirica negli anni 50 o 60, in una situazione in cui il furore straordinariamente creativo dell'arte dei primi del novecento - l'espressionismo, il cubismo, il surrealismo, dada, si andava estenuando in esperimenti sempre più scarnificati, intellettuali, allontanandosi sempre di più dalla funzione espressiva.
Manzoni ho l'impressione che in qualche modo celebrasse le esequie dell'arte, e nel contempo la perennità dell'artista. Un po' un modo più simpatico per definire l'arte del novecento a lui precedente, "arte degenerata", questa volta non per esaltarne come durante il nazismo il pericolo eversivo socialista quanto piuttosto la degenerazione capitalistica: l'oggetto-mercato per eccellenza: nessun contenuto, solo molto plusvalore: e il pluslavoro è cagare in una scatola. Naomi Kleine non ha scoperto niente, si direbbe.
Qualcuno, e non solo gli artisti ma evidentemente anche i mercanti d'arte, deve aver creduto alla frottola moralista e ideologica che l'arte è morta e vive solo il mercato, altrimenti al Madre non ci sarebbero una pletora di artisti contemporanei che continuano a farfugliare lo stesso elogio funebre e mercanti d'arte che li gratificano.
Ma se è proprio vero, che l'arte è morta, perchè Banski - geniale graffitaro - nottetempo aggiunge - invece di rubarli - i suoi quadri nei musei, per il godimento e la gioia di chi lo guarda? Se è proprio vero, che l'arte è morta, perchè allora Tim Noble e Sue Western osano fare delle meravigliose, straordinarie sculture d'ombra deliziando i loro spettatori? [hat tip: psicocafè] (andate a vedere i link, vale la pena)
Il sospetto è che non sia l'arte ad essere morta, ma la fantasia di chi allestisce i musei di arte contemporanea italiani. Resto in speranzosa e preoccupata attesa dell'apertura del nuovo museo di arte contemporanea progettato dall'architetta iraniana Zaha Hadid, nel quartiere Flaminio a Roma.
sabato 25 agosto 2007
ma degenerati sarete voi!
Pubblicato da Rosa alle 09:17
Etichette: arte, bellezza, ideologie da supermarket, speculazzate
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3 commenti:
L'arte che si adagia sul mercato non è affatto morta: è questa l'apparente contraddizione da pensare a fondo.
Già, errore ideologico fra l'altro che non tiene conto del fatto che la committenza ha sempre avuto il suo peso.
A proposito di Madre e di merda segnalo questo post.
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