domenica 31 dicembre 2006

risposta a lia di haramlik

Aggiornamento 16/1/2007: per seguire tutti i post sull'argomento selezionare l'etichetta (tag) "islamofemminismo" sulla colonna a destra.

Lia commenta il mio post "le norme cappottino" e io interrompo la complessa fattura di antipasti pre-capodanno e accoppiamento calzini pre-partenza e le rispondo qui, in stile usenettiano, cuttando il superfluo (ma l'originale suo è leggibile integralmente al link qui su).
Le parti in blu sono sue, quelle in nero mie.

Non sapevo che il logo lo avessi fatto tu con le tue mani. Chiedo venia e, by the way, ti ringrazio: è molto carino.

Figurati, ci mancherebbe. Comunque citare la fonte è buona regola anche se quella a cui attingi non è primaria.

Avevi scritto tempo fa che un laico, di fronte a storture compiute da gerarchie ecclesiastiche (avevi fatto l'esempio dei preti pedofili, se non ricordo male) si rivolge allo Stato e non alla Chiesa.

Sì. In particolar modo era una risposta a Biani, che si amareggiava per il mancato sostegno dei "laici" alla tua battaglia (prima di allora - personalmente - ti avevo solo preso un po' in giro).

Non credo che spetti ad un laico spingere i religiosi ad un maggior rigore nell'osservanza delle regole della loro comunità. Esempio: trovo molto antipatico che a Welby sia stato negato il funerale religioso, tuttavia sono convinta non spetti a me decidere chi debba o non debba godere del funerale religioso. S
ensato è invece pretendere che venga garantita al paziente la facoltà di rifiutare l'accanimento terapeutico (e eventualmente battersi per una legge in favore dell'eutanasia).

Dal mio punto di vista, il problema che sollevi è risolvibile laicamente solo con una maggiore informazione ed educazione civica, nelle scuole e nelle comunità. Da lì, forse, può partire una riscossa delle comunità, che ne muti le regole e i costumi (o malcostumi) dall'interno.

Secondo me non è vero: non c'è bisogno di essere religiosi per parlare con i religiosi, e la pressione sociale attorno a certi fenomeni ha inciso e incide non poco, nei comportamenti interni e nelle misure che vengono adottate da queste istituzioni. Non credo nelle società fatte a compartimenti stagni.

Si dialoga, si discute, si critica: non esistono compartimenti stagni, le parti sono un enzima, per l'insieme, così come l'insieme è un enzima per le parti: ma sapendo sempre che è opportuno tenere separati campi e competenze. Gli ebrei ortodossi mettono le donne in piccionaia, in sinagoga, e i riformati le incoronano rabbine. Io da laica osservo gli uni e gli altri con maggiore o minore simpatia, ovviamente, ma senza accusare gli uni o gli altri di una osservanza "sbagliata". E secondo quale criterio, scusa? Il mio? Io non sono una fonte, io - se laica - sono un osservatore. Ortodossi e riformati hanno un rapporto fondamentalmente diverso con il Libro, con ciò che è scritto e prescritto: così è. Tu sembri voler sostenere che per l'islam esista una "lettera" non interpretabile: chiara e inequivocabile. Io so poco di ebraismo e nulla di islam, ma mi pare un errore grave e anche molto pericoloso dal punto di vista filosofico ritenere che la lettera sia immutabile, chiara e non interpretabile, per le religioni del libro. La tua battaglia è giusta, Lia. Se ci sono ragazze che patiscono di questo malcostume, informiamole dei loro diritti invece di invocare un oggetto difficile e numinoso come il Corano - da laiche - e per di più con un ex marito mullah. Per quello ti prendevo in giro, e per quello mi ha irritato il Biani quando ha sostenuto che tua battaglia para-religiosa dovesse essere accolta da laici.

Detto in altri termini: un conto è lasciarsi con un uomo, altro è ritrovarsi di fronte a un islam che non è altro che una scatola vuota, e a quei livelli. Nel primo caso, alzi le spalle e passi oltre. Nel secondo, sei hai un decennio di militanza filoislamica alle spalle, c'è poco da passare oltre.

Sei forse in prima linea nella famigerata "guerra di civiltà"? Chi sono i "nemici dell'islam", contro i quali militi, Lia? Che cos'è la "militanza filo-islamica"? Qual è l'islam puro, l'islam "vero" a cui fai riferimento? Per te è davvero una novità l'ipocrisia dei bigotti? Vuoi moralizzare i costumi di una religione a cui non ti sei mai convertita?

Abbiamo una percezione diversa di ciò che è islam, e non è una novità.
A me pare assolutamente immaginario l'islam di questi quattro mullah nostrani che se lo sono tagliato su misura per farci i loro intrallazzi dentro. Se a te pare immaginario il mio, pazienza.

Non pretendo di spiegare qualcosa che non conosco affatto. Mi limito a osservare che i "quattro mullah" sono uno dei tanti islam possibili, forse un islam che non piace a Lia, ma sono islam. Tu invece semplicemente non sei l'islam: ne sei cotta.

Di fatto, non capisco nemmeno quale sia il punto essenziale della tua critica: ritieni che io abbia torto da un punto di vista islamico? O ritieni che, semplicemente, non dovrei avanzare le mie ragioni in quanto "non musulmana"?

Trovo sgradevoli tutte le dispute religiose che non siano combattute da dotti, con fioretto, maestria, humor e competenza. La tua battaglia è giusta, il tuo ricorrere al Corano è - ai miei occhi - ad un tempo presuntuoso e integralista. Spero che ti sia chiaro che non entro nel merito della questione, ma nel metodo.

Poi, guarda: al di là di questo, non ci vuole molto a capire che qui si sta sollevando, tra mille limiti e difficoltà, una questioncella morale che esiste a prescindere da questo caso ma che non poteva sollevarsi se non a partire da qui. Considerala una "Mani Pulite" interna e renditi conto di una cosa che Mmax (sveglio, quel ragazzo...)

Vero? piace un casino anche a me.

h
a capito benissimo: che è come minimo bizzarro, schierarsi contro coloro che vogliono fare pulizia nella nomenklatura dei tuoi "avversari" politici.

Scontro di civiltà? Guerra santa? Lia, i miei avversari politici sono gli integralisti e i bigotti, di certo non i mussulmani tout court.

Tu,
sei una mia avversaria politica.

venerdì 29 dicembre 2006

vecchie fumatrici

Forse Ipazia proietta una immagine di una futura vetustà incompatibile con le sigarette, e come darle torto :-D . L'immagine che proietto io, del mio futuro look etno-stagionato, viceversa, non solo le contempla ma le rende un attributo indispensabile. Qui ed ora dichiaro ufficialmente che riprenderò il vizio a settantacinque anni.

Ed ecco l'intero il capitolo "vecchie fumatrici", tratto da google, l'impareggiabile catalogo della qualsiasi. Non tutte, ma alcune sono meravigliose, altrochè.

giovedì 28 dicembre 2006

diritti d'autore

Alborè Ignazio: formula una ideologia nuova di zecca, e la deposita in SIAE.

potenza del marketing

Ho sempre trovato buffo che si chieda "perché hai smesso di fumare" a chi smette. Intendiamoci, i motivi per smettere di fumare sono innumerevoli, ma quelli che - per lo meno per me - bilanciano il sommo gusto di spippacchiare sono pochissimi, a occhio e croce li ridurrei a due: il cancro e l'infarto.
Eppure molti - in particolar modo chi vagheggia di smettere ma non lo fa - presentano dei motivi inconsistenti e collaterali, ai miei occhi; a volte decisamente bizzarri: Motivi che - secondo me - in fondo in fondo non hanno mai fatto smettere di fumare nessuno. Dai classici "fumare fa venire i denti gialli", "non mi piace la dipendenza" "fumare costa troppo" ai più originali "un giorno smetterò perché non mi piacciono le vecchie che fumano" o anche "smetto per passare il quinto dan di aikido".
Io se però devo essere del tutto onesta non ho smesso di fumare propriamente per il rischio di morire di cancro: in realtà - e ne ho avuto la conferma qualche giorno fa - ho deciso di abbandonare la appagante pratica perché si cessasse una buona volta di ricordarmelo, che sarei morta per il mio vizio. Non sopportavo più i pacchetti bordati a lutto con la scritta "TU FUMI? TU MUORI" o a scelta "TI PIGLIERA' UN CANCHERO". Ho provato, al tempo, a comprare un portasigarette per celare il funebre avvertimento, ma era come nascondere polvere sotto il tappeto: ogni volta che vedevo l'allegro e colorato oggetto mi ricordavo che era lì per nascondere il memento mori e mi riempivo di sgomento.
Per un breve periodo ho comprato il tabacco per sigarette, con la scusa che a confezionarle a mano se ne fumano meno (non è vero e ognuna vale come dieci) : in realtà optavo per quelle perché il packaging mortuario non aveva ancora colpito quel settore di consumatori marginali, e questo era per me assai rassicurante: se non c'è memento, non c'è mori. Purtroppo la pacchia è durata poco, e il cupo avviso è comparso anche lì.
Gran parte dei fumatori - va detto - sono più razionali: non si fanno abbindolare dalla scritta. Altri addirittura invertono il senso della comunicazione. Ho un amico, ad esempio, che ogni volta che in qualche paese dell'alto Lazio vede il classico manifestino bordato di nero con la scritta "Antonietta Frizzibaldi si è spenta serenamente a 94 anni, i figli la piangono" non può fare a meno di prendere una sigaretta e fumare. Associazioni a ritroso: effetti collaterali del marketing.

Comunque, la verità è che pochi giorni or sono stata sul punto di ricominciare e - paradosso dei paradossi - a causa di un branco di amici americani radical chic, accaniti fumatori che in polemica e snobistica controtendenza (i motivi per ricominciare sono sempre buoni) fumano American Spirit:
Le American Spirit sono sigarette concepite per soddisfare il nuovo fumatore americano: il radical chic . Solleticano l'amore etnico (tardivo e un po' necrofilo) degli americani - in particolar modo quelli di sinistra - per i Native, e se pure nel potenziale fumatore in controtendenza bolle del sangue misto italo-irish-polacco con qualche nota giamaicana, il marketing suggerisce che un po' di pellerossaggine - chi sa mai - possa sempre essere assimilata recuperando l'antica pratica del calumet. I colori sono vivaci ma poco techno, rassicuranti, il memento mori c'è (per legge è obbligatorio anche negli USA) ma discreto, e - ducis in fundo, il tabacco...proviene niente popò di meno che da coltivazioni biologiche certificate.
L'amica americana mi spiega, aspirando voluttuosamente e scuotendo la riccia e selvaggia chioma sale e pepe, che quella no: non fa male. Quella è nicotina senza pesticidi, nicotina organic, e da foglie di tabacco OGM free.
Il mio cervello è dominato dall'emisfero destro (quello un po' frikkettone e pirla) e la voglia di fumare mai sopita del tutto: per un attimo valuto l'opportunità: che quei cancri sian davvero dovuti al tabacco ingegnerizzato? Sarà mica stato il DDT? Prendo in mano il pacchetto determinata a smettere di smettere, già i polmoni si preparano alla festa, quando mi fulmina un immagine di Sirchia vestito di nero e con la falce, e capisco che ormai non posso più: qualche profonda sinapsi mi tutela dal vizio, forse per sempre. E il peggio è che se mi dice culo e campo cent'anni, è proprio lui che dovrò ringraziare. (qui un articolo su wikipedia dedicato agli avvisi antifumo su tutti i pacchetti del mondo. Hat tip Psicocafè)

mercoledì 27 dicembre 2006

ipazia e le tentazioni

Complimenti a Ipazia, che ha giustamente ceduto alle tentazioni (nicciane) ! :-)

diritti borghesi

Provo un senso di irritazione irrefrenabile, nell'osservare che a sinistra si concepiscono i diritti civili "non come la nuova frontiera dell'uguaglianza, ma come dei “diritti borghesi”, che in quanto tali devono venire solo dopo la garanzia di quelli sociali" (la citazione è tratta da un articolo apparso su DS Online e segnalato da Portmerion). Considerazioni che portano alcuni confusi addirittura (eh, miss Cloro?) ad applaudire alle teorie di Blondet, cattolico integralista e fascista, secondo il quale la questione pacs/diritti civili sarebbe un can can orchestrato ad arte (eccerto, dalle lobby: e da chi se no?) per distogliere la gente dalle questioni veramente importanti. Come se l'enfasi sulla questione fosse messa da chi chiede parità di diritti, e non dai pretacci e dalla pletora dei loro portavoce.

domenica 24 dicembre 2006

natal tov [cit]

Cosa farebbero gli ebrei, se festeggiassero il natale. [hat tip: andrea/nahum]

un augurio laico

Come sempre all'ultimo momento (e ho finalmente capito che va benissimo così, basta non crucciarsene tanto prima) sono andata in giro per una soleggiata e allegra Roma pre-cenone -della-vigilia a fare regalucci e regaletti, che a quanto pare non basta avere un background giudaico ateo comunista per scampare alla regina delle feste. Dopo una lunga fila alla cassa della Città del Sole arriva finalmente il mio turno, quando squilla perentorio il cellulare. Poggio per terra i pacchetti, ripassando in silenzio la mia opinione su talune divinità, afferro il cellulare e mi sento Ipazia concitatitissima che mi fa, ansimando e lei pure col fiatone prenatalizio: "presto, una consulenza rapidissima" e io "sì, aspetta un attimo" ...Il cassiere mi passa il cosillo per battere la combinazione segreta del bancomat, e nel panico mi viene un attimo di vuoto. Zero, tabula rasa, non me lo ricordo più. La matassa panico-fila-urgenze è impicciata e bisogna prendere un capo per scioglierla, così decido di iniziare da Ipazia e le chiedo "Dimmi, che c'è?" e lei: "è urgentissimo, questione di vita o di morte, che formaggio si mette sulla zuppa di cipolle?". Passo in rassegna il gusto dell'unica zuppa di cipolle (buonissima) che abbia mai mangiato, al Cappellaio Matto, non mi viene in mente nulla, dietro di me la fila palpita nervosa, e incontro lo sguardo ironico/appallato del cassiere natalizio gli faccio "che formaggio si mette sulla zuppa di cipolle?" E lui, impassibile e professionale risponde : "Il groviera".
Spero che il cassiere ci abbia azzeccato, e la zuppa di cipolle di Ipazia venga come si deve.
Ad ogni buon conto, un augurio laico:
Buon appetito [cit]!

venerdì 22 dicembre 2006

lo sciopero descritto dagli scioperanti

Boh. Che i giornalisti ci raccontino del loro sciopero con vibranti comunicati in cui dichiarano di voler "tutelare i più deboli" della loro categoria, che si descrivano come angelici e generosi è cosa forse prevedibile, ma assai innervosente, come direbbe il mio amico MMAX. Insomma, conosco qualche pubblicista che riempie pagine di testate tutt'altro che di second'ordine e con paghe davvero da fame, ma tipo dai 5 ai 15 euro ad articolo, e mi risulta che per questi proletari intellettuali l'accesso all'albo sia praticamente impossibile: bisogna infatti per fare l'esame essere già in una redazione, e nelle redazioni entrano i nipoti, i figli, i figli dei figli dei giornalisti. Comunque pochissimi privilegiati. Ora, tra le altre cose i giornalisti si stanno battendo contro l'eliminazione dell'albo, e quindi - a me pare - per tutelare i loro privilegi di casta acquisiti. Allora perché quando sono i tassisti a difendere i loro diritti acquisiti son tutti lì ad accusarli (giustamente) di corporativismo, e quando tocca a loro si descrivono come i paladini dei più deboli?

a natale son tutti più buoni?


Donna rosa e donna ipazia
per natale in dual coro
ve’ da dir con poca grazia
sul divin dicon la loro

vignetta: donna rosa
testo: donna ipazia

giovedì 21 dicembre 2006

le norme cappottino

Faccio parte di quelli che partecipano con costernata stupefazione alle movimentate vicende sentimental politico religiose divorzili di Lia, e presumo nella schiera di quelle che lei definisce "laiche con la pancia piena". E così, visto che il preannunciato post di risposta a chi l'aveva - ahilei - criticata o presa per i fondelli non arriva mai, mai, mai, mentre trepidamente attendo mi prendo il tempo di fare qualche considerazione sparsa, e che - per carità - non mi si dica ce l'ho col quadrumvirato di Allah: ci mancherebbe.

E così, Lia di Haramlik vuole riportare i mussulmani italiani alla loro "mussulmanità".

Come ho già detto, mi pare bizzarro spiegare agli scacchisti come si gioca a scacchi e imporre loro l'osservanza alle regole, ma Lia sembra essere più realista del re. Se sul Corano c'è scritto "umilierai pubblicamente l'ex marito facendogli cacciare un mensile alle monache" pochi cazzi: la lettera è la lettera, l'ex marito dovrà cacciare un mensile alle monache. Se mai si scoprisse - chi lo sa - che il Corano non costringe, ne' raccomanda tale pratica si potrebbe forse obiettare alla focosa passionaria che è un tantino razzista l'idea di far pagare simbolicamente al singolo individuo le "pecche" attribuite alla sua comunità di appartenenza, per di più enfatizzando nel confronto insito nell'atto la bontà della propria, di comunità. In fondo - lui - sta piantando una scafata e indipendente ultraquarantenne dopo qualche mese di relazione (faccenda tra le persone civili componibile senza grossi passaggi di denaro, mi pare) mica un'adolescente strappata agli studi e costretta per anni al lavoro domestico! Bizzarro poi è che l'osservanza della norma di Lia sembra essere piuttosto alterna. Avere un'amante è coranicamente accettabile, rifiutarsi di dare i soldi alla caritas, no. In un suo post passato, rispondeva con stizza a quelli (laici con la pancia piena, sicuramente) che lamentavano una certa tendenza di alcuni paesi islamici di punire con eccessivo rigore l'omosessualità (qui l'elenco). In fondo - Lia l'aveva visto con i suoi occhi - la norma veniva allegramente trasgredita, in quel del Cairo, e lì si "chiudeva un occhio", dunque: di che lamentarsi? Il problema - dice Lia - è l'Islam italiano.
Insomma, Lia si è innamorata (ed è stata tradita) non tanto di un uomo, ma di un Islam immaginario, tagliato a sua stretta misura: un Islam tenuto a rispettare la lettera quando si tratta di proteggere le spose (lei) ed elastico quando si tratta di tradirle (con lei). Chiaro che qualsiasi cosa esuli dal suo modello naturalmente non è vero e proprio Islam. Ah, quante volte ho sentito i cristiani lamentarsi del fatto che gli ebrei non sono più veri ebrei, che non sono più gli ebrei buoni e bravi di una volta, (a parte gli amici di Admadinejad, beninteso). Un momento: no, no, io non critico affatto l'islamofemminismo, neppure se fondato da una cristiana atea affetta da ex-islamofilia narcisistica: anzi, posso addirittura vantare di avere creato con le mie manine il logo, di questo nuovo movimento. Va detto, per inciso, che avrebbe fatto piacere la citazione della fonte, secondo la buona vecchia regola che vige tra blogger, a Lia arcinota (cit. da Haramlik: "Quello che Magdi Allam ha fatto, in pratica, è un classico post da blogger, solo che sul Corriere: la segnalazione di un post letto altrove, con lunghe citazioni del post stesso e tanto di link".).
Ma tant'è, il suo blog il mio link lo filtra in automatico nei commenti, figuriamoci se può andare in chiaro - e come riconoscimento - sul testo vero e proprio, e poi si sa: la ragazza le regole se le cuce addosso come un cappottino...

mercoledì 20 dicembre 2006

una treccani molto, molto confusa

Da qualche anno la rete è il mezzo di elezione per le ricerche scolastiche di bambini e ragazzi, eppure stupisce come nessuno si ponga il problema di addestrarli alla ricerca delle fonti. Persino il migliore dei professori di liceo di mio figlio, insegnante di storia, raccomanda sì ai ragazzi di "stare attenti" e di "ricercare fonti affidabili", ma senza insegnare loro cos'è una fonte istituzionale, cos'è una fonte attendibile, quali sono le regole deontologiche che un giornalista è (o sarebbe) tenuto a osservare, come funziona wikipedia... e dire che la famosa enciclopedia, incredibilmente utile ma al tempo stesso per sua natura inaffidabile (soprattutto su alcuni temi), dovrebbe e potrebbe essere addirittura scritta, dagli studenti, più che consultata.
Il migliore dei professeri di liceo di mio figlio, per la verità, neppure chiede di citarle, le fonti. Come se internet fosse una immane Treccani, e invece i pericoli di questo pauroso groviglio di informazioni, leggende metropolitane, luoghi comuni, pettegolezzi sono ben più insidiosi delle tette e dei culi che fanno tanta paura alle mamme.
Di questo e di altro parla Maurizio Pistone, su it.politica.sinistra, in una serie di post sulla scuola: "Chiacchiere sulla scuola #1, #2 e #3".
Dal thread scaturito dal terzo post cito un brano, che avrei voluto scrivere io:

"Sono perfettamente d'accordo sul fatto che l'internèt sia una vera rivoluzione nel campo dell'informazione, paragonabile all'invenzione della stampa. Ma è frequentissimo che la gente (sia all'interno della scuola, sia fuori) confonda le nuove modalità di formazione e di circolazione dell'informazione con il banale supporto tecnico. Di qui l'enfasi posta su iniziative di formazione schiaccia-bottone, come l'ECDL ecc. Un po' come se dopo Gutemberg si fossero fatti dei corsi di taglio delle pagine col tagliacarte, o di disposizione dei libri sugli scaffali."

intervista a Baba Belusheh

Sul blog di Ipazia un commento all'intervista a Baba Belusheh, il dirigente di Al Fatah cui Hamas ha ucciso i tre figli.

sabato 16 dicembre 2006

martinez, i seminole e la direzione della storia

Alcune brevi considerazioni sulla risposta di Martinez alla mia domanda sui seminole, e cercherò di essere sintetica.
La prima è la sua notazione storico geografica riguardo all'autobus di pendolari di Chicago: se il mondo è visto come una lotta senza quartiere tra forze del bene contro le forze del male, il dove diventa una categoria del tutto secondaria. Gli usurpatori sono ontologicamente cattivi, i nativi sono ontologicamente eroi: dubito che gli autori del "settembre nero" dispiacciano a Miguel più di quanto non gli dispiaccia Fatima.
La seconda considerazione riguarda il fatto che io con "seminole" intendessi dire "palestinesi". E' chiaro, il discorso nasceva dalle faccende mediorientali, chiunque lo abbia seguito lo sa. Ma la risposta di Martinez riduce l'intera discussione ad uno scontro tra una sionista e un antisionista.
Ebbene, in verità il mio sionismo è piuttosto blando. Intanto dubito (purtroppo) che le premesse/promesse del sionismo originario fossero esatte, e non mi interessa proiettare Israele in un futuro lontano, ma solo nel presente che ha il dovere di essere il migliore possibile. In un mondo senza nazioni, in un mondo senza odi etnici o razziali, Israele per quello che mi riguarda potrà cessare di esistere. Se fossi viva, quel giorno ne applaudirei la scomparsa.
Questo è il mio sionismo.
(Spiegerò in un prossimo post perchè ritengo ridicolo ricorrere al termine sionismo, ora allungerei la broda e non è nel mio stile :-P)

La verità è l'approccio politico mio e quello di Martinez sono antitetici ben al di là del sionismo, e della questione mediorientale. Io non "voto" per la soluzione dei due stati soltanto perchè penso che gli ebrei abbiano diritto ad uno stato rifugio, e perchè mi fa orrore l'idea di un terzo esodo, ma perchè sono fermamente convinta che la storia non sia reversibile. Ritengo - in generale - che il compito della politica sia - finchè è possibile - quello di mediare, di trovare via via le soluzioni migliori per quel determinato contesto, di sanare le ferite piuttosto che tenerle aperte in attesa che una catastrofe purificatrice azzeri la realtà per farla rinascere all'antica purezza. Non credo che le catastrofi purifichino, non credo che la purezza sia antica, e non credo alla purezza in assoluto.
Martinez - come molti altri - sembra vedere invece la politica in termini di scontro senza quartiere tra forze assolute, pure e dunque di per loro natura non componibili: il capitalismo non è un intreccio di interessi diversi, strutturati a diversi livelli sociali, una forza spuria con un grande potenziale distruttivo e nel contempo una incredibile forza vitale e trasformativa. Il capitalismo nella sua visione è una forza compatta, il vertice estremo di una dinamica a due soli poli, che si muove in modo organico e unidirezionale, è figlio dell'occidente, ed esso è legato per sua natura, e non può trasformarsi o essere superato: deve perire per mano del suo antagonista più immaginario che reale: il "popolo" legato alle sue radici tradizionali. Martinez - come molti altri - nega la realtà caotica - e esteticamente disturbante - e la trasforma in un mondo di simboli, apparentemente incoerenti agli occhi dei più, ma intrinsecamente significativi per chi il significato lo sa vedere. In quest'ottica l'ebreo, la polpetta di carne chiamata hamburger, la dieta vegan, il sangue della capra sgozzata dalla contadina araba, la aerobica, non sono realtà ma simboli. E il simbolo seminole che si mescola con il simbolo di una catena commerciale, è qualcosa di caotico ed esteticamente intollerabile.
E infatti - alla mia domanda - non risponde, perchè non può.

le forze oscure che plasmano il mondo

Qualche giorno fa una signora si lamentava del fatto che la maestra di sua figlia assegnava i compiti ai bambini come optional, da farsi solo in caso di "voglia" incontenibile di studiare.
La signora, che aveva manifestato fin da principio e anche su altri temi una tipica mentalità complottista, sosteneva che ci dovesse essere senza meno una direttiva dall'alto. "Perchè" osservava "gli asini sono più facili da gestire". Da lì a pochi secondi - immaginando il contesto culturale di quella scuola - le chiedo: "sarà mica che i genitori si lamentano per i compiti che gravano sulle fragili spalle dei piccini"? "Eccome" fa lei dimentica per qualche istante della teoria appena espressa "sono anni che vanno in processione da preside e professori urlando e strepitando perchè non si faccia studiare i ragazzi a casa...".

Se penso alla povera candide, che è obbligata da contratto a interloquire con le forze oscure che plasmano il mondo...

giovedì 14 dicembre 2006

una domanda per gli antimperialisti

Ispirata da una discussione con il Martinez, sul suo blog, mi chiedo e vi chiedo: ma per voi è una buona o una cattiva notizia che gli indiani Seminole si siano comprati la catena Hard Rock Cafe vendendo l'anima al capitalismo, oppure farebbero meglio a farsi esplodere sui bus di pendolari di Chicago in base alla considerazione che "esiste un diritto dei nativi americani a tutto ciò che va dall'Alaska all'Arizona"?
No, lo chiedo sul serio, eh? Vorrei un parere.


blogwar




mercoledì 13 dicembre 2006

appello dell'ANPI

Per aderire a questo appello manda una mail a
anpi.roma@comune.roma.it

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Le associazioni della Resistenza e Guerra di Liberazione ANPI - Associazione Nazionale Partigiani d' Italia, FIAP - Federazione delle Associazioni Partigiane, FIVL -Federazione Italiana Volontari della Libertà, e le associazioni dei superstiti dei campi di sterminio e prigionia, ANED - Associazione Nazionale Ex-Deportati, ANEI - Associazione Nazionale Ex-Internati, ANFIM - Associazione Nazionale Famiglie Italiane Martiri caduti per la libertà della patria si sono riunite in comitato per la difesa della memoria del Novecento,al fine di denunciare all' opinione pubblica le provocazioni e falsificazioni dei sedicenti storici negazionisti riuniti a Teheran per dimostrare, a loro dire, l' inesistenza dell' Olocausto,definito "invenzione storica per giustificare la formazione dello Stato d'Israele".

Pur convinte che ciò provochi ripulsa e sdegno nell' intera comunità mondiale ben conscia degli orrori, carneficine, stragi, compiute dal nazismo, dal fascismo e dall' imperialismo giapponese, le associazioni di cui sopra richiamano l' attenzione sulle testimonianze dei sopravvissuti e sui resti dei lager e campi di sterminio -ancora visibili- ove assieme a più di sei milioni di ebrei, altri venti milioni di altri esseri umani innocenti vennero brutalmente soppressi, e fanno appello alla società politica e civile per la mobilitazione delle coscienze in vista della "giornata della memoria" del prossimo 27 gennaio.

Le adesioni, per rendere palese e diffusa l' indignazione del popolo italiano, si inviano a anpi.roma@comune.roma.it o si ricevono a Roma presso la "Casa della Memoria e della Storia" , Via san Francesco di Sales 5, tel. 066876543, fax 0668195385, casamemoria@zetema.it

I love you

Su Gapingvoid: tre paroline, in ordine decrescente di importanza.

lunedì 11 dicembre 2006

l'ipocrisia di chi auspica il terzo esodo

Nei commenti a perchè Fatima dovrebbe riconoscere Israele un anonimo ha postato un lungo articolo tratto dal Manifesto, che ripropone l'idea dello stato binazionale. Come al solito, sorprende l'ipocrisia di chi scrive. Prima di tutto è evidente che - di fatto - uno stato binazionale, con il ritorno di tre/quattro milioni di profughi in una terra grande quanto il Lazio, cresciuti nei campi profughi arabi ed educati all'odio del nemico sionista, rappresenterebbe senza possibilità di dubbio il terzo esodo per gli ebrei israeliani: ora, nessuno degli antisionisti venuti a discutere qui finora è stato capace di spiegarmi per quale motivo gli ebrei dovrebbero accettarlo e cessare di combattere. Questa prospettiva rende di per se' giustificabile la orribile prassi di mantere i territori in ostaggio nella speranza di trattare la pace in cambio della terra: nessuno accetta la propria fine, non c'è motivo morale che possa convincere chi sta per essere scannato che così è giusto.
L'articolo, per sostenere - pur senza ammetterlo a chiare lettere - l'esodo degli ebrei da Israele, deve fondarsi su menzogne e può farlo grazie all'ignoranza diffusa. La prima menzogna è quella della pulizia etnica. I cittadini arabi - mussulmani o cristiani - di Israele non solo non sono uccisi ne' deportati, ma sono titolari di diritti alla pari degli ebrei, compreso il diritto di associazione e di voto. In quale altro caso si parla di pulizia etnica in un paese dove la minoranza che sarebbe oggetto di genocidio ha diritto di associarsi, fondare partiti, fare affari, praticare la propria religione, partecipare alle istituzioni alla pari della maggioranza? La teoria della pulizia etnica, fatta per gettare fumo e confondere la questione, si basa sulle condizioni dei palestinesi dei territori, condizione che - paradossalmente - cesserebbe di esistere nel momento stesso in cui Israele venisse riconosciuto e si procedesse a quella trattativa che i palestinesi rifiutano. La seconda - incredibile menzogna è quella dello stato confessionale. Indubbiamente i partiti religiosi hanno in Israele un peso maggiore del loro numero, anche per un meccanismo tipico del sistema elettorale proporzionale, ma lo stato di Israele è laico. I religiosi possono dare fuoco ai cassonetti per il gay pride e boicottare la el-al che vola di sabato, ma sono e restano una minoranza. In Israele infatti ci sono i pacs (e gli omosessuali palestinesi chiedono - e ottengono - asilo in IL) di sabato chi vuole lavora, e i cristiani allevano serenamente maiali. La stessa cosa non si può dire dei palestinesi: Hamas è un partito fondamentalista islamico, tutt'altro che laico, e l'intera questione palestinese è stata fatta propria da jihadisti di tutta l'aerea, da Hezbollah all'Iran. A me piacerebbe capire quali forze, secondo l'articolista del manifesto, dovrebbero occuparsi di mantenere la laicità, la democraticità, del futuro stato binazionale, a fronte del fatto che i palestinesi - che sarebbero maggioranza - hanno scelto per loro stessi di essere rappresentati dai fondamentalisti religiosi. Sarà mica che costui - al pari di Bush - ritiene la democrazia, la laicità, essere beni esportabili?

venerdì 8 dicembre 2006

il serial killer: icona psicopatologica del razzista

Come mai, alla vista di una ragazza che canta, di tifosi allo stadio, di barbuti che suonano la cetra qualcuno salta come una molla e sente il bisogno compulsivo di commentare linkando la scena di un pestaggio?
E' chiaro che una visione unilaterale e assoluta, manichea, deve essere nutrita da costanti conferme, è una tensione che non può abbassarsi mai, pena la ristrutturazione della propria visione del mondo e la perdita della identità. Chi prova un odio ontologico ne è letteralmente ossessionato: non può concentrasi su altro, non può abbassare la guardia: difficilimente in un blog di un leghista identitario si leggerà di cinema, di internet, di sesso. Si vedranno invece commentati senza requie furti, rapine, stupri ad opera di immigrati, si cercheranno foto che mostrino la nefandezza di questi ultimi, si pubblicheranno stemmi e bandierine di dileggio e di odio.
Se provo empatia, se per un attimo gli occhi del mio nemico mi ricordano quelli di mio figlio, mi mescolo con lui e scompaio. Salto in un istante dall'altra parte della barricata, perdo i miei amici e me stesso, mi annullo.
Il serial killer, sotto questo profilo, come si può leggere qui, ha una modalità affine, ubi maior - anche se psicopatologica. Anche lui deve disumanizzare l'oggetto del suo odio, per poterlo uccidere, deve abbandonare l'empatia.
L'odio verso un comportamento si attiva solo in presenza di quel comportamento - l'abuso di potere di soldati o poliziotti, la corruzione, le molestie ai bambini - l'odio verso una categoria - gli ebrei, i negri, gli arabi, gli israeliani, gli italiani, gli americani - ha invece bisogno di attivarsi sempre. Chi lo prova, soffre dunque non tanto al vedere l'altro patire dentro la Sfera della Morte, perchè lì il nemico è immerso in un contesto ideologico, e il richiamo della pietà viene immediatamente sostituito dalla attribuzione della colpa: il nemico è dentro la Sfera della Morte perchè lo merita, perchè lo ha voluto.
Soffre viceversa nel vederlo inserito in quel flusso di vita che è normale, comune, antropologico, non ideologico.
Naturalmente, occorre ammetterlo per amor di scienza, soffre anche nel vedersi preso per il culo.

giovedì 7 dicembre 2006

you tube, dilettanti, e il nazisionismo con la cetra

Sono affascinata da You Tube. Se esiste un motivetto noto, su you tube di sicuro se ne possono trovare versioni e versioni, dai video professionali alle interpretazioni amatoriali, nell'ordine delle centinaia di migliaia. Per Mad World ad esempio, oltre alla bella versione segnalata da Candide, alcuni video animati, alcune riprese di concerto e poi giù di versioni caserecce, con interni casa australiani, USA, ugrofinnici, turcomanni e chi più ne ha più ne metta, versioni dolenti in playback, le classiche congreghe di ubrichi, versioni pianistiche più o meno ispirate, una per tutte, una versione per piano sentimentale e voce, con un bell'ananasso di vetro in primo piano come unica scenografia, che fa la sua porca figura.

Allora ho pensato di cercare altri motivetti, e tra gli altri - tanto per onorare gli ospiti che hanno animato il mio blog (commentati da MMAX qui) - il marziale inno dello stato naziSionsta, la Hatikvah. E così, ecco a voi, aschenaziSti allo stadio, una giovane naziSionista assai marziale che canta l'inno in compagnia del suo aschenazisfratello, forse per prepararsi alla pugna. Poi ho scoperto che gli aschenaziSSS ti tendono a suonarlo, forse per concentrarsi meglio nella dura opera di imperialismo e dominazione del mondo, con la cetra.
In decine di migliaia di pugnaci versioni israelitiche nazisionistiche aschenaziste.

Non mi resta che aggiungere la mia versione nazisefardita: io che la canto al gatto che - antisemita, maus docet - ovviamente mi schizza.

scary mary


Chi l'avrebbe mai detto...e poi ci si stupisce che i bambini non circolino più per le strade liberi e felici. Al giorno d'oggi neppure della buona vecchia Mary Poppins ci si può più fidare, signora mia....[hat tip Marco d'Itri]

lunedì 4 dicembre 2006

perchè Fatima dovrebbe riconoscere Israele

Mi sorprende - ma in realtà non più di tanto - come Martinez, nella sua risposta al mio post l'attrattiva amniotica dell'integralismo, in un certo senso neutralizzi e rinneghi la sua stessa tesi, quella che lo aveva spinto a criticare aspramente coloro i quali avevano descritto Fatima come una vittima: MMAX in primo luogo, qui.
Ecco dunque che accantonate le ragioni estetiche, Martinez ritorna alla fine alla madre di tutte le giustificazioni: Fatima lo era, una vittima, alla fine dei conti.
Il punto è che mentre MMAX si addolora per l'atrocità della Storia, che tritura nelle sue ganasce gli Uri e le Fatime con fredda indifferenza, mentre MMAX risparmia le rotelle dell'ingranaggio dalla esecrazione accusando i "mandanti", mentre MMAX si augura (e si spende) per una trattativa tra i due popoli, in Martinez la pietà della vittima è unita ad una adesione ad un programma politico: quello che prevede la cancellazione dello Stato di Israele (questo: la carta di Hamas). Premesso che non esiste un solo caso al mondo, di popolo-lemmings, noi dobbiamo sapere - e Martinez che a differenza di molti altri non è un fesso lo sa benissimo - che coloro i quali sono nati e vissuti e hanno figli a Tel Aviv, o Haifa, o Gvulot, che parlano ebraico, che lavorano su quella terra, non faranno sicuramente le valige per tornare in Iran, in Russia o in Italia, terre dei loro padri e ormai a loro estranee - quando non gravemente ostili e in alcuni casi non da ieri - ne' tantomeno si faranno scannare, per essere mondati dal peccato originale dei loro padri.
Questo è un fatto, come il sole che sorge la mattina: può piacere o meno ma va valutato come tale, se si ha un minimo di serietà. Si può rinunciare a questa o quella pretesa, nell'ottica di una trattativa, ma nessuno è disposto ad autodistruggersi, e dunque noi sappiamo per certo che gli israeliani combatteranno, e verseranno sangue, fintanto che non avranno una controparte che li riconosce e che è disposta a deporre le armi. Chi è favorevole alla eliminazione dello stato di Israele, è secondo me costretto per coerenza ad ammirare la bellezza del sangue degli Shahid, e non dichiararne l'inevitabilità o a scandalizzarsi di fronte alla Sfera della Morte. E la domanda di Martinez: "perchè Fatima dovrebbe accettare lo Stato di Israele?" non ha che una semplice, banale risposta. Dovrebbe farlo perchè le conviene. La convenienza - che viene vista con grande scandalo e disprezzo dagli idealisti di ogni sorta - è l'unica, seria, reale e profonda ragione politica: ogni rapporto politico è fondato sulla mediazione tra interessi diversi, e l'interesse di quegli uomini che abitano in medio oriente oggi non è quello di avere in chissà quale giorno lontano una palestina igienizzata con il sangue dei loro figli e dei loro nipoti e bisnipoti, ma è quella di avere scuole, strade, acqua per i loro figli e i loro nipoti. Subito.

vesti il conduttore

Una nuova gratificante attività per giornalisti e critici televisivi: "vesti il conduttore"

venerdì 1 dicembre 2006

l'attrattiva amniotica dell'integralismo

Ho letto la lunga maratona di post, sul blog di Martinez, a proposito di Fatima: la vecchia palestinese che si è fatta sparare da soldati israeliani imbottita di tritolo.

Un interessante esercizio, utile per comprendere i molti simboli che si aggregano attorno al conflitto mediorientale, il modo in cui si riflettono sulla vita di tutti noi e la matassa di memi che generano. E' un conflitto, quello, che ha un raggio di azione sulle menti delle persone straordinariamente ampio, se paragonato alla piccola area regionale che riguarda: un raggio di azione superiore a qualsiasi altro al mondo.

sintesi di brandelli ideologici

La maratona di cui sopra, una sequenza di post e di discussioni intorno al tema del shahid, è dunque uno strano polpettone dove si mescolano brandelli di nostalgia amniotica, di fascismo, di assoluti mistici e relativismo culturale,odio per la modernità e amore per il bel tempo andato, il tutto rivestito da una glassa di terzomondismo. Una summa che ha come referente politico più significativo un'area politica minoritaria che va sotto il nome di campo antimperialista, ma che è formata da un tessuto di luoghi comuni - brandelli di ideologie, appunto - che coprono un'area politica infinitamente più vasta, e non limitata a sinistra.

premessa e conclusione di martinez: la glassa del pensiero antimperialista

La sequenza di articoli parte con una descrizione del volto solcato della vecchia "di tutto il nostro sud, da Oxaca all'Afghanistan": La sequenza si apre dunque sull'evidenza fisica della povertà della vecchia e lì va a concludersi: con un paragone tra il suo volto cotto dal sole di contadina morta martire, e il volto abbronzato del giovane borghese ebreo Uri, morto soldato. Premessa e conclusione, dunque, che formano la "glassa" più politica, e più di sinistra, del pensiero dell'antimperialista. Si deve stare dalla parte di Fatima a priori perchè è povera. Ovviamente la premessa stessa è fallace per ben più di un motivo: povertà e ricchezza non contengono in se' qualità etiche, inoltre le coppie etniche povero/arabo e ricco/ebreo sono schematiche e finte, icone fondate sui luoghi comuni e utili solo a nient'altro che a consolidarli. Israele è un paese dove sono migrate, oltre ai newyorkesi cui ama riferirsi Martinez, masse di gente povera: ebrei russi, africani, mediorientali, indiani. Per contro la coppia arabo/povero è ancora più falsa: Dubai sta lì a dimostrarlo. E' una glassa a prima vista di sinistra, forse, ma di certo non è marxista: lo status di Uri e quello di Fatima non sono rilevanti perchè inseriti in una dinamica di classe nella mente degli antimperialisti: sono invece delle icone immobili, dei simboli l'una della mondo contadino, dell'oriente, del passato e l'altro della borghesia, dell'occidente, della modernità.

l'importante è il come, e non il perchè: l'estetica della violenza

Se paragoniamo Fatima e Uri, a mio avviso una differenza morale esiste eccome tra i due, e risiede sostanzialmente nella finalità con cui l'uno e l'altra operano nella Sfera della Morte: lei al servizio di una organizzazione che ha nell'esclusione di qualsiasi prospettiva di trattativa la sua bandiera e la sua ragione d'essere, Uri servendo l'esercito di uno stato il cui governo, da molto tempo, si dichiara disposto ad intraprendere la trattativa, a patto di essere riconosciuto. I fili che reggono la Sfera della Morte, dunque, sono tenuti non dagli Uri, ma dalle Fatime, dai Baruch Goldstein, da tutti coloro cioè che escludono l'orizzonte politico e concepiscono solo l'orizzonte della faida, del combattimento fino a estinzione della tribù nemica. Colpa e innocenza sono trasversali alle culture, e non etniche.

Martinez però sembra del tutto indifferente al perchè della violenza.

L'imporante, per lui, sembra essere piuttosto il come, e dunque la differenza tra Fatima e Uri sostanzialmente è ai suoi occhi non una differenza morale, ma una differenza estetica. Chi affonda le mani nel sangue del nemico si avvicina alla morte da prode, chi si allontana dalla carne della vittima si allontana dalla morte e pertanto è vile. Di nuovo - un brandello ideologico che descrive un passato immobile e mitico e vi si riferisce come alla sola fonte di bontà, come all'unica ipotesi di futuro a cui fare ritorno costi quel che costi, non importa quando: una arcadia in cui il rapporto dell'uomo con il sangue, con la terra, con il popolo, è integro e non mediato da diavolerie tecnologiche anestetizzanti. L'occidente - al contrario - come rappresentante della modernità, della perdita di identità collettiva, dell' individualismo è la fonte stessa del male. Male e bene però non sono in questa visione categorie etiche bensì estetiche. Icone.

l'individuo e il gruppo: la nostalgia del grembo materno

Cocco, una commentatrice di Martinez - da lui citata integralmente in un post - riflette sull'aspetto non individualista della cultura araba. Per la donna che offre la sua vita non c'è differenza tra la terra e suo figlio: gli arabi vivono dunque immersi in una sorta di realtà amniotica, in cui l'ebreo, in quanto ebreo ma forse soprattutto in quanto occidentale, vengono percepiti come una rottura di continuità, una smagliatura intollerabile e con la quale non è possibile venire a patti, per nessuna ragione al mondo. Io credo che questa identità tra individuo, popolo e terra sia uno degli aspetti di maggior fascino, nell'eleggere questa controversia tra tutte a simbolo e a riferimento per popoli tanto lontani e tanto confusi dal punto di vista identitario. L'ebreo è sempre stato il corpo estraneo che con la sua stessa esistenza costringeva l'altro a separarsi dalla sua realtà totale e indifferenziata. Oggi ognuno di noi è di disturbo alla realtà amniotica dell'altro. Il banco delle spezie al mercato, il ristorante cinese, il turista giapponese, possono vivere fianco a fianco come individui. Chi pregando in chiesa viene interrotto dal muezzin, è costretto a relativizzare la sua preghiera e ad accettare un mondo plurale. Oppure deve combattere. E' costretto a fare della propria fede un patrimonio individuale e relativo, anche quando praticata in una collettività, e ad abbandonare il grembo materno per sempre: oppure a sognare di farvi ritorno, un giorno, seminando morte. Ho l'impressione che Cocco, Martinez, e molti altri tanto a sinistra che a destra tendano ad attribuire alla cultura le stesse qualità di durezza e impenetrabilità che un tempo venivano - altrettanto ingiustamente - attribuite alla razza. Eppure tutti le occidentalissime ideologie totalitarie del novecento avevano in comune con l'integralismo islamico la attrattiva amniotica, mentre dubito che fosse caratteristica saliente dell'islamicissimo impero ottomano: chi vuole impegnarsi nella tutela dell'identità collettive come assoluti in un mondo in cui le comunicazioni hanno annullato completamente distanze, deve per forza passare alle armi, farsi esplodere, invadere paesi, uccidere migranti sulle barche. In questo senso secondo me lo scontro di civiltà esiste, sì, ma non ha connotazioni etniche: è trasversale alle culture. E Fatima, Martinez, Calderoli, Bush e Baruch Goldstein sono tutti sulla stessa barca.