Ho ereditato una cosa, da mio padre, e cioè le manie.
A un certo punto qualcosa entra nella nostra testa: pipe, cucina cinese, fotografia, architettura razionalista, e il nostro universo diventa quello. Le riviste, i libri, le passeggiate, tutto è orientato a indagare ed esaurire ogni possibile curiosità riguardo a quel mondo, e nient'altro. E così, ora, dopo alcuni anni di dedizione ai funghi, un annetto di infatuazione per la meditazione vipassana, un periodo di ritorno alla antica passione dell'evoluzionismo e un breve periodo di dedizione alla teoria del caos, eccomi in un qualche modo incastrata in un loop ossessivo nel quale al centro della mia mente stazionano, ctonie e inamovibili, le pentole.
Padelle.
Tegami.
Roba per cuocere, insomma.
Da un po' di tempo sono a caccia dell'idea platonica della pentola, la Padella Universale, lo strumento capace di friggere senza aderire, di non rigarsi, di scaldarsi uniformemente, e dopo accurati studi e riflessioni sono giunta alla seguente conclusione: - se mai a qualcuno avanzasse un po' di stipendio da investire, e fosse come me così poco accorto da investirlo invece che in bot o in cct, o magari in un mutuo, in pentole, consiglio la ghisa.
Le pentole di ghisa hanno una qualità che è rara in generale nel mondo delle cose, rara ed immensamente apprezzabile. Migliorano con il tempo. Come il vino e gli strumenti ad arco. Per quanto uno compri una pentola antiaderente sofisticata e costosissima, la sua vita dal momento dell'acquisto in poi sarà sempre - per quante attenzioni si pongono - un avvicinarsi inesorabile alla morte. Un invecchiamento costante e ineluttabile, un allontarsi dal punto x della perfezione, quella dell'acquisto, per avvicinarsi alla morte. Le pentole in ghisa invece vanno stagionate, curate, e ad ogni uso - se accurato, migliorano.
Il punto x di una pentola di ghisa è un futuro in cui sperare, insomma, e non un passato da rimpiangere.
sabato 9 giugno 2007
della maniacalità intorno alle pentole
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11 commenti:
Rosetta, il guaio è che il futuro in cui sperare, per noi cciovani, è in una casa diversa, con altre stoviglie (ammesso che ci sia, un futuro in cui sperare. Io la vedo nera). E la ghisa è un investimento costoso.
Non ti dico che casino può essere dover comprare una pentola nuova a Venezia. Anche per una schifezza al teflon devi chiedere le rate :)
Eh, appunto, caro falecius: al sol dell'avvenire s'è rinunciato da un pezzo, e qui si sta in affitto da sempre: che dirti, tocca ripiegare sulle pentole. Anche se poi alla fine, e il senso era un po' questo, avere empatia con le cose e con l'ambiente in cui sta è una discreta pratica di buon vivere quotidiano, cosa non del tutto trascurabile, alla fine. Lo dico da persona che ha un rapporto con gli oggetti (e quindi con i consumi) che è passato dalla fase accumulo indiscriminato alla fase eliminazione indiscriminata.
Inizio ora a "fare pace" con le cose.
Non te la consiglio proprio. Nelle colate di metalli di riciclo, come la Ghisa, viene annegato il cesio di scarto dei processi nucleari. Il cesio evapora a temperature bassissime, e perdipiu' la ghisa e' porosa.
Stai alla larga dagli acciai di basso valore, specialmente se la colata avviene nei paesi dell'est, dove il numero di bequerel ammessi nel processo di annegamento e' piu' alto: le fonderie prendono soldi per smaltire i materiali radioattivi ospedalieri e di centrale.
Uriel
In linea generale hai ragione, ma per padelle e casseruole rame stagnato. Augh!
Rame stagnato?
Non ce n'è: ho già usato tutti i miei averi per uno splendido wok in cesio radioattivo. :-(
Io e Paola abbiamo sempre preferito le padelle in teflon per la loro antiaderenza, finchè una persona a noi vicina ci convinse della sua elevata pericolosità.
Ho buttato tutte la batteria in teflon salvo poi pentirmene: avevo dato ascolto alla sua ennesima battaglia: dal sandinismo era passato all'ecologismo per poi passare nuovamente al consmismo. E' fatto cosi': ogni mese una nuova scelta identitaria, sempre a caccia di nuovi guru.
Mi sa che tra il teflon e il cesio, è meno pericoloso il teflon, così a naso. Attendo che Uriel confermi o smentisca.
Oh, non si può filosofeggiare un attimo sulle proprie cazzate spicciole, come comic relief, senza piombare in un nuovo "dramma dei tempi moderni".
Bon, ci ho riflettuto un po' e la vedo così: che la "le creuset", che fa pentole in fonderie francesi, si metta ad importare materiale radioattivo dall'ucraina, e a spacciarlo a cifre da capogiro sotto forma di pentolame è anche possibile. Ma con queste premesse, è altresì possibile che la adidas e la simmenthal importino mucche da chernobyl. Il prodotto "non industriale" poi è ancora più esposto a frodi di quello che ha una filiera controllabile (ci ho messo 1 minuto a vedere la fonderia del mio wok: Fresnoy le Grand): casomai sono un po' preoccupata per le bistecchiere in ghisa, che uso da anni, e che ho comprato chissà dove.
E i termosifoni?
E le pentole in acciaio?
Quanto al teflon: non so se sia rischioso o no. Di sicuro è un materiale che ha vita molto breve, e questo lo rende assai poco attraente.
Andiamo per gradi.
Esiste un livello di radioattivita' naturale. Tutto, in natura, e' radioattivo cosi': il suolo, l'aria, l'acqua, etc.
Adesso prendiamo il suolo che e' radioattivo , ed estraiamo un materiale NON radioattivo quale il ferro. Otterremo del ferro, che e' MENO radioattivo del suolo.
Allora la furbata e': come facciamo a fargli raggiungere la radioattivita' naturale? Dobbiamo aggiungere qualcosa di radioattivo. E allora perche' non annegare del cesio (o altre schifezze) negli acciai, fino a raggiungere la radioattivita' naturale?
Ed e' quello che si fa: nelle fonderie ci sono barili pieni di cesio, il quale viene versato nelle colate, in percentuali limitate dalla legge.
Il problema della ghisa e' che vaste aree cristalline ("vaste" in senso microscopico) rimangono in uno stato pre-eutettico e possono essere attaccate anche da acidi deboli, come acido citrico, cloridrico (nei limoni), acido acetico, etc etc.
E quindi, sali di cesio possono di per se' abbandonare la ghisa. Poi c'e' da dire che il cesio evapora attorno ai 200 gradi, per cui comunque avrai delle esalazioni di cesio dalla ghisa. Anche nel rame ed in quasi tutti i materiali metallici "puri" vengono annegate scorie, a patto che non siano gia' radioattivi di loro.
Quindi, alla larga dalla ghisa. Gli acciai che arrivano ad una cristallografia fine, invece, perdono meno cesio.
Lo stesso dicasi per alcuni cementi di fonderia, per i bitumi, per il vetro, eccetera. Bitumi e cementi sono un problema perche' si corrodono all'aria, il vetro meno perche' si corrode pochissimo.
Il problema e' che le colate di ghisa ormai si fanno solo nei paesi dell'est, perche' la ghisa e' un ferro povero e poco costoso, e quasi nessuno la fonde qui. In questi paesi pero' i limiti di radioattivita' per gli acciai sono ancora piu' alti: capita sovente che industrie meccaniche emiliane rifiutino profilati metallici perche' troppo radioattivi.
Uriel
Il teflon E' rischioso. Nel senso che se lo mangi non fa bene. (credo sia cancerogeno).Quindi finche' la padella non viene graffiata con coltelli o forchette va bene. Se vedi che si stacca la superfice, va MOLTO male.
Personalmente amo le pentole in terracotta e quelle in alluminio... sulla terracotta devi solo badare che l'interno sia vetroso ma non colorato.
Uriel
Il teflon fa provatamente male. Ormai 18 anni fa (sic!) sono partito per una vacanza leggendaria nelle cicladi (2 mesi) con tenda, saccoapelo, zaino e una pentola tuttofare (occupava un terzo di zaino ed era piena di raudi, cosa che a farla ora finisci a guantanamo). Rivestita in Teflon. Avendo allora diciannovanni no nsapevo una sega del teflon cosi' una sera a Ios facemmo una bella spaghettata alla quale era invitata un'unica ragazza: la nipote della nostra padrona di casa studentessa di medicina. Nella nostra pentola facemmo un sugo al tonno e servimmo, lei per ultima con una generosa ramaiolata di sugo sottolineata da un sonoro "This is the best!". Passo' una notta infernale povera ragazza, una colica coi fiocchi. Non avevamo inizializzato la pentola cosi' lei si becco' tutto il teflon nella famosa ramaiolata.
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