La profanazione dell'ostia è peccato mortale non da oggi, è la violenza e la ingordigia mediatica a fare la differenza: l'autore del brano che pubblico qui sotto era un bambino ebreo, ed era nascosto in un collegio dei Salesiani, con suo fratello, nel '44.
Dopo la Messa, mio fratello mi si avvicinò con l'aria assonnata che assume tuttora quando, in presenza di un dramma, vuole manifestare il supremo controllo dei nervi che non ha. "Dì un po'..." mi disse " mi è successa una disgrazia orribile, mi sono inginocchiato con gli altri, come gli altri ho tirato fuori la lingua e ho visto che il Prete faceva leccare a tutti un pezzetto di carta assorbente; vincendo lo schifo, per prudenza, ho tenuto la lingua fuori, ma quando è arrivato a me, che ero l'ultimo, il prete quella carta assorbente leccata da tutti, dal Maestro Ferrara, pensa, dal Maestro Ferrara con la lingua viola tutta bitorzoluta! me l'ha lasciata in bocca e io per paura l'ho mandata giù. Volevo sputarla, ma il prete mi guardava con una faccia strana, sembrava quasi spaventato, e io ho fatto che inghiottirla. Mi prenderò di sicuro qualche infezione, forse è il caso che vada dall'Infermiere". Allibito per la stranezza di quel rito sconosciuto e indifferente alle infezioni che Roberto si era preso, lo convinsi a non dire niente a nessuno e anzi lo informai che la carta assorbente era disinfettata.
Subito dopo si avvicino Monsignor C. con l'aria niente affatto assonnata, anzi, spaventata "dì un po'..." esclamò stringendomi per un braccio " è vero che tuo fratello ha preso la Comunione?" "Temo di sì" gli risposi con l'aspetto addolorato di chi è conscio di un grave avvenimento cui non ha potuto porre rimedio e dal quale, pur innocente, è sconvolto. Io naturalmente non sapevo in che cosa consistesse la Comunione, se non dal racconto di Roberto, ma ero già in grado di simulare conoscenze che non avevo e sentimenti che non provavo. "è un fatto gravissimo" gemette il povero Prete, "ma non lo potete capire, non lo potete sapere, non fatelo più". E di qui venne il catechismo pratico che Monsignor C. ci impartì nel suo studio, cercando però di non spaventarci, ponendo limiti a una simulazione che lui stesso pretendeva la più perfetta possibile. La clandestinità comporta un continuo andirivieni tra contraddizioni insanabili: per questo è tanto difficile e affascinante.
La domentica successiva, Monsignor C. tenne lui la predica, salì sul pulpito e spiegò a tutti i Collegiali che assumere l'Ostia consacrata in peccato mortale con l'anima immonda, senza essersi confessati, era come costringere il corpo vivente del Cristo a imputridire, avvinto ad un cadavere in disfacimento. Solo io e mio fratello comprendemmo chi era il cadavere marcio e puzzolente, gli altri Collegiali presero la predica come una delle solite, intese genericamente a indurre comportamenti meno spregevoli di quelli ai quali erano adusi.
Ah, non cito l'autore - che m'è stretto consanguineo - ne' la casa editrice e lascio agli stalker professionisti l'onere dell'indagine.
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