Non è per girare il coltello nella piaga, ma sembra che la castità sia compito arduo persino per chi la sceglie - si presume - spinto da fede, per motivi spirituali e venendo da generazioni di educazione cattolica. Vedo postare sui newsgroup con sollievo, da cattolici, un articolo del newsweek dove si riportano statistiche che dimostrerebbero essere l'incidenza di pedofili tra i preti pari a quella che alligna tra i laici. Parliamo di un comportamento "deviato", che è venuto alla luce perchè penalmente punibile: ovviamente degli altri comportamenti ci arriva solo il gossip, i report delle prostitute, le chiacchiere di paese su questo o quell'intrallazzo, e i lazzi su quel che accade nei posti di soli uomini (o sole donne).
Se è vero quindi che non esiste una specifica "tendenza pedofila" tra i preti, si può inferire senza passare per maliziosi che tutti i preti facciano sesso, da soli o in compagnia. Vabbeh, diciamo molti, via: la sessualità umana è variabile e anche tra i laici c'è chi ha un interesse per il sesso blando, c'è chi lo pratica poco, c'è chi non lo pratica affatto.
Se è vero quindi che non esiste una specifica "tendenza pedofila" tra i preti, si può inferire senza passare per maliziosi che tutti i preti facciano sesso, da soli o in compagnia. Vabbeh, diciamo molti, via: la sessualità umana è variabile e anche tra i laici c'è chi ha un interesse per il sesso blando, c'è chi lo pratica poco, c'è chi non lo pratica affatto.
Tendo a pensare che una scelta di ascesi debba passare per gradi, che sia un percorso difficile, e che possa essere compiuto solo come percorso personale e senza imposizioni di sorta: che occorra accogliere i fallimenti e i ritorni indietro, ed eventualmente rinunciare all'arduo percorso senza perdere lo stipendio, cosa impossibile per un prete.
D'altra parte non sono tra quelli che vogliono insegnare ai preti come si vive e non metto in discussione la castità obbligatoria di chi diventa prete per scelta, anche se penso sia lecito chiedersi se non avvenga una "selezione naturale" di coloro che - avendo una sessualità socialmente stigmatizzata - sanno di trovare il conforto di un ruolo socialmente bene accolto che esclude doveri coniugali forse troppo impegnativi per chi ha altri gusti.
Quello che invece mi turba è la pressione che le autorità ecclesiastiche fanno su tutti gli altri, sul mondo, nel portare avanti la loro missione di conversione globale.
Prendiamo l'Africa: non si tratta solo di AIDS : non ci vuole Malthus per sapere che qualsiasi gruppo umano o cresce fino ad esaurire spazio e risorse (e poi si contrae per miseria, fame e malattia) oppure si autoregola.
Il controllo delle nascite quindi è una necessità che - mi pare - non viene negata neppure dai cattolici, che infatti propongono la castità come soluzione sia per la prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili, sia per la sovrappopolazione.
Ora, quello che mi chiedo è: una volta stabilito che i preti sono, riguardo al sesso, soggetti alla stessa pressione del resto della popolazione, e che rispondono nello stesso modo, come si può - come possono i cattolici - pensare realisticamente di convertire alla castità il mondo intero, a partire da continenti che culturalmente non hanno un background cattolico, e quindi non sono allenati per nulla a vedere l'ascesi sessuale come virtù?
Io non vedo alternative al problema: castità, malattia o contraccezione, e l'ultima ipotesi mi pare di gran lunga la più realistica e incruenta.
Postato su it.cultura.religioni.cristiani
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