Rachel Barnacle, in un commento ad un mio post in cui lanciavo strali contro l'astensionismo si è arrabbiata, e il suo commento è stato riportato sul mio blog e menzionato su quello di In Minoranza.
Mi spiace aver offeso i due brittitaliani: li stimo entrambi e mi sono assai simpatici, e proverò a spiegare qui un po' meglio il mio punto di vista.
A mio parere - semplificando al massimo - un comune cittadino può fare politica su tre piani diversi. Un primo piano è quello della comunicazione, dello scambio, dell'espressione e della circolazione di idee: è il piano che non ha rapporti con il potere, ed è per questo più libero. Fecondo, se e quando le idee sono ad un tempo buone, originali e contagiose, fondamentale per lo sviluppo di nuovi paradigmi, irrinunciabile. E' un livello che può essere garantito esclusivamente dalle democrazie, perché fondato sulla libertà di parola e di opinione. Molti si limitano a rimasticare le linee politiche del loro partito, ma altri sono voci critiche e altri ancora - pochi - tentano analisi originali.
Si sviluppa sulle piazze, nei bar, nelle camere da letto, nelle serate tra amici, in internet, nelle associazioni volontarie e anche nei media indipendenti, nei giornali e nelle radio.
Il secondo piano è quello della militanza politica. Il militante fa da cerniera tra il comune cittadino e il professionista della politica. Lambisce il potere, fa da portavoce della base, media. E' un piano molto importante, perchè quando è ben sviluppato, maturo e salubre consente di fare pressione dal basso. E' stato - purtroppo - quasi completamente abbandonato a sinistra e recuperato a destra.
Il terzo piano è quello del voto, ed è - al contrario dei primi due - ne' più ne' meno che un imbuto. La libertà, l'espressione di se', l'individualismo sono in questo semplice - ma potente atto - da dimenticare: inutile zavorra.
L'atto del voto è matematica: le carte sono quelle, e solo con quelle è possibile giocare. Occorre valutare le opzioni possibili e optare non già per il miglior partito - quello sarebbe un atto pericolosamente romantico - ma per quello che ha maggiori possibilità di trovarsi nelle condizioni di poter realizzare il miglior risultato - nei termini di sviluppo sociale, economico, culturale, urbano, internazionale. Chi non gioca non ha - mai - alcuna retribuzione - semplicemente accetta passivamente le scelte di chi lo fa.
E se il miglior risultato coincide con il minor danno - mi dispiace signori - le buone ragioni per votare non vengono meno, anzi: sono molto più serie.
Quando infatti la scelta è tra due opzioni "buone" l'atto del voto è assai meno necessario che quando la scelta - come nel nostro caso - è tra due opzioni cattive. Se la scelta è tra un cioccolatino e una caramella, posso senz'altro concedermi il lusso far scegliere a qualcun'altro, ma se la scelta è tra un calcio sulle gengive e una pistolettata alla nuca - semplicemente - non me lo posso permettere.
In altri paesi più pragmatici del nostro questo semplice fatto è del tutto scontato. Quando i francesi al secondo turno si sono ritrovati a dover scegliere tra Chirac e Le Pen, la sinistra non si è persa in mille drammi di coscienza, concioni sui massimi sistemi, pippe al sugo sulla impossibilità psicofisica di apporre con la propria preziosissima creativa e anarchica mano immacolata una crocetta su quella merda di Chirac.
I francesi antifascisti hanno - compattamente - votato Chirac.
So anch'io che la sinistra italiana non va: tra la sinistra antagonista, sfascista e incosciente, e la sinistra cosiddetta "moderata" che non ha saputo risolvere il conflitto di interessi, non ha affrontato il degrado urbano, poteva utilizzare i fondi europei per l'integrazione dei rom e non l'ha fatto, è che come se non bastasse è complice del sistema di raccomandazioni e di corruzione italiano c'è poco da stare allegri. Però vogliamo parlare - chessò - della Bossi Fini? La Bossi Fini è una legge che è fatta per eternare il problema dei clandestini fingendo di risolverlo: nessun immigrato spenderà le cifre che occorrono per tornare al suo paese e regolarizzarsi, e resterà clandestino e quindi schiavo a tutti gli effetti di chi lo sfrutta facendolo lavorare al nero. Vogliamo parlare dell'emendamento "salva rete 4"? Della riscrittura dei libri di storia? Parliamo della legge sulla fecondazione assistita? Serve continuare? Perchè signori, se l'argomento è che un aristocratico è peggio di un fascista, francamente passo.
Detto questo, Barnacle e Mastroviti se ne stanno a Londra, e non hanno votato in base ad una semplice legge di natura: si tende a curare il proprio territorio. Fuori dalla pressione della necessità, non avrei votato neppure io. Il comportamento di chi non vota pur avendo un preciso e indiscutibile interesse a votare, invece, mi lascia invece del tutto interdetta.
venerdì 23 maggio 2008
il romantico masochismo dell'astensionista
Pubblicato da Rosa alle 11:52
Etichette: politica italiana
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2 commenti:
Ma guarda, Rosa, che io in primis ho votato (non per il PD; e sebbene, come mi è stato fatto notare, la cosa non avrebbe fatto gran differenza, me ne vergogno il dovuto), e in secondo luogo non mi sono affatto arrabbiato: solo, gli argomenti di Rachel in parte li sento in buona parte come miei; riconosco che era facile e deresponsabilizzato per me votare o astenermi, visto che non subisco le conseguenze del voto, ma anche se fossi stato in Italia non so se sarei riuscito a costringermi a votare PD, per quanto consapevole delle conseguenze.
Quello che mi preoccupa, peraltro, è che in un Paese normale questo passaggio per il Getsemani porterebbe la leadership della "sinistra" a pensarci un attimo, a rendersi conto degli errori, a fare uno sforzo per recuperare i voti persi, che sono tanti; e invece so che tutto quello che succederà, fra cinque anni, sarà che le stesse facce, o se possibile personaggi anche peggiori, si presenteranno agli elettori dicendo che stavolta dobbiamo votare per loro perchè altri cinque anni di questa merda sarebbero letali.
Complimenti per la descrizione lucida di un pensiero che condivido. Vorrei anche aggiungere che l'atteggiamento degli astensionisti è spesso quello di dire non darò il "mio" voto a quelli che non sono più di sinistra o a chi non mi rappresenta in pieno. Questo atteggiamento mi fa pensare ad una visione del mondo in cui c'è il sé e poco altro. Il "mio" voto, come se gli scrutatori fossero i partiti stessi che vedono di chi è il voto e si compiacciono di chi li ha votati, oppure peggio ancora credono, costoro, che qualcuno noterà la loro astensione come se fosse nominale.
Dietro quell'atteggiamento astensionista ci vedo generalmente una grande arroganza. Preferisco l'astensionismo anarchico, almeno ha un fondamento in una visione del mondo.
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