venerdì 8 dicembre 2006

il serial killer: icona psicopatologica del razzista

Come mai, alla vista di una ragazza che canta, di tifosi allo stadio, di barbuti che suonano la cetra qualcuno salta come una molla e sente il bisogno compulsivo di commentare linkando la scena di un pestaggio?
E' chiaro che una visione unilaterale e assoluta, manichea, deve essere nutrita da costanti conferme, è una tensione che non può abbassarsi mai, pena la ristrutturazione della propria visione del mondo e la perdita della identità. Chi prova un odio ontologico ne è letteralmente ossessionato: non può concentrasi su altro, non può abbassare la guardia: difficilimente in un blog di un leghista identitario si leggerà di cinema, di internet, di sesso. Si vedranno invece commentati senza requie furti, rapine, stupri ad opera di immigrati, si cercheranno foto che mostrino la nefandezza di questi ultimi, si pubblicheranno stemmi e bandierine di dileggio e di odio.
Se provo empatia, se per un attimo gli occhi del mio nemico mi ricordano quelli di mio figlio, mi mescolo con lui e scompaio. Salto in un istante dall'altra parte della barricata, perdo i miei amici e me stesso, mi annullo.
Il serial killer, sotto questo profilo, come si può leggere qui, ha una modalità affine, ubi maior - anche se psicopatologica. Anche lui deve disumanizzare l'oggetto del suo odio, per poterlo uccidere, deve abbandonare l'empatia.
L'odio verso un comportamento si attiva solo in presenza di quel comportamento - l'abuso di potere di soldati o poliziotti, la corruzione, le molestie ai bambini - l'odio verso una categoria - gli ebrei, i negri, gli arabi, gli israeliani, gli italiani, gli americani - ha invece bisogno di attivarsi sempre. Chi lo prova, soffre dunque non tanto al vedere l'altro patire dentro la Sfera della Morte, perchè lì il nemico è immerso in un contesto ideologico, e il richiamo della pietà viene immediatamente sostituito dalla attribuzione della colpa: il nemico è dentro la Sfera della Morte perchè lo merita, perchè lo ha voluto.
Soffre viceversa nel vederlo inserito in quel flusso di vita che è normale, comune, antropologico, non ideologico.
Naturalmente, occorre ammetterlo per amor di scienza, soffre anche nel vedersi preso per il culo.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

splendido questo post, da kippare.

ipazia

Cloroalclero ha detto...

Ti faccio i miei complimenti, oltre che per l’umorismo pungente, anche per la squisita attitudine all’antropologia e alla psicologia, in ispecial modo verso l’interpretazone gestaltica, strizzando l’occhio però anche alla psicanalisi di matrice junghiana.
Tu dirai “eccessi tu per dire questo? La BIBBIA?” no. Però da giovane facevo la supplente presso la rubrica “caro psic” di ciao 2001, quando era malato lo psicologo, quindi posso dire di aver acquisito una certa esperienza per definirmi “un autorità” in materia*.
Complimenti anche a Spazia (word continua a correggermi spazia), per il contributo a titolo di “supporter” metafisica.

*E’ per questo che mi permetto di suggerire a tutti gli amici di Spazia un libro di prossima uscita, E.Fede “fuori onda” che la sua personalità curiosa e profonda non mancherà di apprezzare.

Cloroalclero ha detto...

Mi sembra evidente che l'affermazione dopo l'asterisco funge da suggerimento natalizio,in ordine alla pensabilità di un regalo degno a (pensandoci direi)entrambe le interessanti menti che danno luogo a tali sublimi analisi.