Ho iniziato a smettere di fumare poco dopo aver iniziato, e non ho mai smesso (di smettere). Ormai smetto ad un ritmo di circa una volta ogni due o tre mesi, sottoponendomi ciclicamente a tutti i sintomi da astinenza nicotinica. I primi tre giorni sono quelli seri. Affronto le ondate di desiderio smanioso (come funziona meglio l'inglese "to crave") da prode, con spirito e intenzione meditativa. Quando arrivano, chiudo gli occhi, respiro e aspetto che passino. La pratica meditativa ha la singolare caratteristica di rendere sopportabile ciò che normalmente è sgradevole. Non inibisce le sensazioni negative, anzi - lasciandole essere come entità autonome e indipendenti - le neutralizza.
Nel caso del fumo, poi, la meditazione è particolarmente indicata essendo probabilmente il fumo una sorta di palliativo della respirazione profonda.
Tre notti di seminsonnia, con degli strani attacchi di panico che prendono nella fase di transizione del dormiveglia (sensazione di morte imminente, ictus, infarto, paralisi, epilessia) e poi il peggio è finito, passa tutto.
Eppure i primi tre giorni - nel loro orrore - sono i giorni della battaglia e sono i più facili: poi inizia la fase seria e pericolosa, che è quella della ristrutturazione identitaria. Di solito gli ex fumatori la vincono diventando degli acidi paladini della lotta alla nicotina: passano - insomma - dall'altra parte.
Io no.
Io osservo, fuori dai negozi, dagli uffici, i fumatori, che si godono la loro sigaretta e a chiacchierano tra di loro e sento una fitta: non di invidia ma di nostalgia. E prima o poi, attratta dalla mia autentica schiera, entro da un tabaccaio e recupero il mio vero "io".
(disegno di Roland Topor - hat tip luispita)
giovedì 16 marzo 2006
la mia autentica schiera
Pubblicato da Rosa alle 14:54
Etichette: cronache quotidiane, fumare, nevrosi, speculazzate
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1 commenti:
Essù, fuma!
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