martedì 29 maggio 2007

fondamentalismo e ipocrisia

L'integralismo - se non si fa pubblicità - è difficilmente digeribile, dalle persone abituate a vivere in una società aperta.

E' la negazione della differenza, perché è identità amniotica ed è negazione del tempo come fattore inevitabile di mutamento. Una società aperta è per sua natura permeabile, e non può negare ne' la differenza, ne' il fattore tempo - che le differenze inevitabilmente accelerano. Li deve gestire, deve essere flessibile. Non può essere integralista, ne' fondamentalista.

L'integralismo - dunque - per avere buona stampa nelle società aperte, deve manifestare il meno possibile l'aspirazione alla purezza primigenia in tutte le infinite manifestazioni dell'esistenza umana (perlopiù riferita a modelli buoni qualche migliaia di anni fa) aspirazione che mena solitamente alla presa del potere su un territorio e alla costrizione con le buone o le cattive a chi lo abita ad aderirvi (con particolare cura al controllo della sessualità della gente, e in particolar modo delle donne, vero cavallo di battaglia trasversale alla pretaglia globale, monoteista e non).

Si deve - l'integralista, fondamentalista, insomma: il bigotto politico - travestire, mascherare e nascondersi , per avere buona stampa e qualche amico in questa nostra babilonia occidentale.

E così, per suscitare indignazione e raccapriccio, è costretto ad attribuire al Nemico l'essere d'ufficio al Servizio di Madonna Morte In Persona, ed è costretto ad ostentare di continuo le granguignolesche prove delle sue malefatte: la testa decollata di Jochanaan, su ogni volantino, in ogni blog, ad ogni tg.

Così in molti si convincono della cattiveria dell'aborto, vedendo le prove fotografiche degli aborti terapeutici di feti di cinque mesi. Come non provare raccapriccio? Ma la realtà dei fatti è che l'integralista antiabortista ostenta quelle prove fotografiche a puro scopo di propaganda, perchè per lui non v'è in realtà alcuna differenza tra il feto sviluppato post-amniocentesi della foto, e una morula concepita in vitro. Non sono le fattezze umane, il cuore che batte, le manine abbozzate a sconcertarlo. Quelle sconcertano noi - che infatti vorremmo dare a chi porta malattie genetiche la possibilità di non impiantarli, gli ovuli malati: ma il cattolico integralista, proprio lui, preferisce invece che la donna abortisca quell'abbozzo di esserino, perché così soffrirà e sarà redenta. Saremmo noi, noi puttane, noi abitanti di Babilonia, noi reprobi, a dover portare in giro le foto dell'orrore, e non lui - il quale invece di distribuire preservativi e pillole nelle chiese - li proibisce ad un intero continente senza tanti cinema e devastato dall'AIDS!

Ed uguale e pari considerazione ha il militante dell'islam politico, ovvero l'integralista islamico, per la miseria morale e fisica dei palestinesi, le cui spoglie ostenta con meticolosa documentazione fotografica - ma beninteso, solo lì dove il colpevole è il nemico ebreo. Di più: qualsiasi miseria, povertà e disgrazia di un palestinese, compresa l'uccisione di presunti collaborazionisti, o le risse politiche tra ANP e Hamas, sono ascrivibili a Israele. Ma le ostenta solo per propaganda, per eccitare contro il nemico, e non già perché gli stiano davvero a cuore quei corpi, quegli spiriti e il loro benessere. Perché - così come l'antiabortista vota per l'aborto proibendo il preimpianto e gli anticoncezionali, essendo il suo scopo vero l'inibire la libertà sessuale femminile e non salvare il "cuoricino che batte", l'integralista islamico vota al per il protrarsi ab eternum dello strazio, o almeno finché non sia raggiunto il suo obiettivo - e cioè più o meno, detta rozzamente come si conviene ad un abitante di Babilonia: "fuori le puttane ebree dalla Pura Terra Araba".
Altrimenti perché i profughi palestinesi sarebbero reclusi - ad esempio in Libano - da sessant'anni nei campi profughi, senza che l'islam politico spenda una sola parola in favore del loro benessere? Se fossero loro, la loro carne, l'oggetto vero della preoccupazione, non avrebbero ottenuto da subito la cittadinanza dai fratelli? Ancora oggi invece, un bimbo che nasce in un campo profughi in libano, ha lo status di "profugo" ed è in gabbia, ne' più ne meno che un palestinese dei territori. La sua miseria non è qualcosa da far cessare, perche deve anzi perdurare - come il feto già formato - a testimonianza della crudeltà del nemico, per generare nuove sofferenze anziché farle cessare. Già li sento i cori degli integralisti di risulta, la mandria di imbecilli boccaloni "ma la responsabilità è di israele, mica del libano".
Eh , già, perchè noi i profughi - figli di profughi - nipoti di profughi dall'Argentina o dal Cile li teniamo chiusi in campo di concentramento, con gli applausi di Kloro e Karletto Marx.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Nell'atteggiamento della sinistra verso Israele ci sono vistosissimi malintesi e molta malafede. Quando discuto dell'argomento con qualcuno che vota per la sinistra (come me, per inciso), mi ritrovo regolarmente a fare l'avvocato di Israele, spesso al di là delle mie intenzioni. Questo accade perchè c'è una rigida riproposizione di luoghi comuni e giudizi assolutamente preconcetti, che non possono essere sottoposti ad una discussione, ma solo utilizzati per confermare sé stessi. E tutte queste disastrose "idee", non dimentichiamolo, vengono riproposte da anni, implicitamente o esplicitamente, in giornali, siti, blog, senza nessun senso critico, come se fossero un dato di fatto.
C'è un lavoro enorme da fare, da continuare. Anche se io comincio ad essere un po' stanco di illustrare cose che a me sembrano ovvie e anche di sinistra per sentirmi rispondere con parzialissime accuse o palesi negazioni della realtà.
Saluti. Omniaficta.

Anonimo ha detto...

rosetta: su babbei & babbione si parla nuovamente di te!