martedì 30 maggio 2006

amare il proprio lavoro

"Amare il proprio lavoro costituisce la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra"

Primo Levi - La chiave a stella

Il rapporto dell'uomo con il lavoro è stato cantato da Primo Levi - chimico ancor prima che scrittore - e legato al suo mestiere che gli regalava quello speciale e umanissimo contatto con la mater materia, ne La chiave a stella, per bocca del montatore di tralicci Faussone.
Il far bene il mestiere, la ricerca dell'eccellenza come fonte di felicità prima e al di là delle gratificazioni dell'ego, del successo.
Roberto De Rubis era tecnico delle luci in quella grande e specialissima macchina di professionalità collettive che è il teatro, e gli attori, i registi e i tecnici che hanno lavorato con lui hanno voluto ricordarlo il 28 maggio 2006, giorno in cui avrebbe dovuto compiere 47 anni, al Teatro dei Servi. Lo conoscevo e - come tutti quelli che erano venuti in contatto con lui - mi piaceva, e molto. Mi avevano detto che era bravo e stimato, nel suo lavoro, ma sentirlo raccontare dalle persone che avevano collaborato per tanti anni con lui - smarrite professionalmente oltre che affettivamente per la sua scomparsa - è stato non solo un arricchimento della sua immagine, ma anche e soprattutto un'illuminazione sul rapporto dell'essere umano con il lavoro, troppo spesso fonte di noia, frustazione e routine. De Rubis non conosceva la ben nota frase "dotto' un se po' fà", per lui costruire luminosamente una scena con pochi mezzi era una sfida: fare un disegno luci con 10 pinze e null'altro, ritrovarsi in tourneè con il service luci che non arriva e inventare un proiettore con un cono di cartone, neon, carta stagnola e gelatina. Oltre a inventare soluzioni tecnologiche di ogni tipo e per ogni esigenza, spade e denti da vampiro luminosi, De Rubis era capace di dare corpo - con creatività e passione - alle intenzioni sentimentali dei registi, spesso - come ricordano con autoironia alcuni di loro - tanto elevate quanto vaghe. De Rubis "risolveva problemi" raccontano gli attori. Una specie di colonna solida ed invisibile, preziosissima a legare dietro le quinte quel tessuto complesso di professionalità in cui ognuno spesso tende a lavorare per se' stesso prima che per l'insieme.
Anche il teatro, come il cinema, è forse - quando è al suo meglio - non una somma di individualità che esprimono il proprio genio particolare, ma una macchina collettiva, paragonabile assai più alla costruzione della cattedrale di Chartres che all'atto romantico del singolo creatore: forse qualcosa di questo spirito rimarrà in molti di quelli che hanno lavorato con lui anche dopo la sua scomparsa. Avremmo preferito avere lui.

Ritratto di Massimo Jatosti

domenica 28 maggio 2006

io e l'accademia della Crusca

Ecco i sorprendenti risultati di un primo monitoraggio.

Ho cercato sul web le parole relative al mio esperimento: "sbaudire, sbarazzinata, tozzone, tostanezza, tossinfettivo, vivola, stilbite, stiaccia, pontoale, pongista, obbiada, lofoforo, filacterio, filipendula, ixodidi, iuvenculo, itifallo, nasco, narceina, nappo, reniccio": tranne che in alcuni casi (tipo nappo, che è anche un cognome) sono assai ben piazzata, spesso al quarto o al quinto posto quando non al secondo.
E' con immenso orgoglio che annuncio di essere seconda solo all'accademia della Crusca per quel che riguarda il termine "tostanezza": ci ho pure pianto un po', tipo miss Italia.

Intanto, la gente continua imperterrita a cercarmi per "ornitofobia" (2 contatti, oggi: ornitofobia cure).

Che dici, giulietta, lo facciamo un post congiunto sull'ornitofobia?

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sabato 27 maggio 2006

critical mass


Pare che l'idea sia venuta ad un americano in Cina, impressionato da come i cinesi in bici aspettassero di fare "massa critica" per contrastare il flusso delle automobili.
Ora è diventato un fenomeno planetario: aggregazioni di gente in bici che fa "massa critica" nelle metropoli, e va a spasso. Chi c'è stato mi racconta che il fenomeno - oltre ad essere allegro e piacevole - è sociologicamente interessante: non assomiglia minimamente a una gara, non c'è nulla di prevedibile o previsto, e pare che gli automobilisti abbiano delle reazioni profondamente diverse, a seconda del volume della massa. "Uno" o "qualcuno" è una gran seccatura: "tanti" si fanno rispettare. In questa pagina ci sono alcune interessanti tecniche atte ad imporsi tra gli automobilisti, che non considerano quello dei ciclisti "traffico legittimo". Il punto è quindi mantenere una densità sufficiente a non creare varchi per le automobili che cercano di "sgusciare".
Il prossimo appuntamento di Critical Mass è domani, alle 11, alla Piramide (Roma) diretti verso il mare: io non posso, aspetto il prossimo.

Illustrazione di Jim Swanson

sorrisi di una notte d'estate

L'hanno dato ieri sera, su RAI sat cinema, e purtroppo l'ho visto iniziato. I culturi di Bergman sanno che il regista ha girato anche (almeno) un paio di bellissime commedie: L'occhio del diavolo e Sorrisi di una notte d'estate. L'avevo già visto ma...sorpresa delle sorprese, in questa versione sono state reinserite le scene censurate (riconoscibili perchè in svedese sottotitolato).
Certo, un film così negli anni '50 (è del '55) poteva essere fatto - credo - soltanto in Svezia: il giovane moralista e romantico è affettuosamente dileggiato, e l'attrice matura, spregiudicata e ironica, è l'eroina del film: l'occhio morale del regista. Tagliata nell'edizione italiana la scena in cui la giovane moglie dell'avvocato finisce sul letto a baciarsi con la cameriera, tagliati molti dialoghi, alcuni essenziali alla comprensione della scena. Addirittura la scena più bella - e straordinariamente comica - del film, con il taglio non era comprensibile!
Imperdibile, tenete d'occhio i programmi che magari lo rifanno (ding - potete utilizzare con profitto il comodo riquadrino di filmagenda, a destra del mio blog - ding).
Chi l'ha già visto avrà delle sorprese.

Nella foto: Bibi Andersson

giovedì 25 maggio 2006

floccaggio, fliscorno, lampadedromia, diavolillo

Come ho già osservato in un post precedente, l'uso del termine "ornitofobia" mi ha procurato una quantità impressionante e imprevista di contatti.
E dunque, la gente brama informazioni sull'ornitofobia, e nessuno li accontenta (men che meno io, va detto).
Quindi chi - come me - ha un blog piazzato maluccio sui motori di ricerca, può trarre qualche misero vantaggio dall'uso di parole strane, inusuali. Le parole rare hanno mercato. Naturalmente è tutto da dimostrare, che chi cerca informazioni - chessò - sull'ecatontarchia possa sentirsi gratificato dal corrente post. Più probabile che si senta una specie di mosca impigliata nella carta moschicida, e che lungi dal diventare un lettore affezionato se ne vada mandandomi affanculo e lasciando sul counter una umiliante traccia di secondi zero, tuttavia - per pura curiosità statistica - ho deciso di scrivere su questo post una serie di parole-amo per capire quali funzionano meglio e perchè. Chissà mai, in futuro dovessi specializzami in fliscorni, o in itifalli.

floccaggio, fliscorno, lampadedromia, diavolillo, diantacee, pomfoide, pomologia, sbaudire, sbarazzinata, tozzone, tostanezza, tossinfettivo, vivola, stilbite, stiaccia, pontoale, pongista, obbiada, lofoforo, filacterio filipendula, ixodidi, iuvenculo, itifallo, nasco, narceina, nappo, reniccio

mercoledì 24 maggio 2006

gli efficaci veleni della destra pretesca

Il senatore Saia, dando della lesbica a Rosi Bindi, secondo me ha fatto un'operazione più astuta che la solita becerata in stile fascist-nazional-popolare. Rosi Bindi sembrava candidata all'istruzione ed è - mi dicono voci vicino al "palazzo" - stata esclusa a causa di un veto del Vaticano. Probabilmente i motivi sono complessi, e gran parte dei retroscena sono a noi tutti ignoti, ma che il Vaticano abbia buone ragioni per temere la Rosi è certo: una cattolica - con una sobria immagine suoresca - poco prona ai diktat dei vari Ruini non poteva che dispiacere, a chi ha interesse a orientare la politica verso il finanziamento delle scuole cattoliche. Altre voci sostengono che il motivo di tanta acrimonia è anche piuttosto concreto: lo IOR pare avere quote cospicue in quelle industrie farmaceutiche che non hanno tanta simpatia per l'ex ministra della Sanità - che le aveva a quei tempi giustamente mazzolate.
Certo, il ministero per la Famiglia è senza portafoglio, ma la nostra austera ministra dava fastidio anche lì, con le sue esternazioni sulle unioni civili. Fin dal principio il centro destra ha provato ad attaccarla con argomenti a dir poco speciosi. Una donna senza famiglia - secondo loro - non poteva avere voce in capitolo in quel ministero: osservazione curiosa in chi ritiene che le massima autorità nel decretare le politiche familiari debbano essere il Papa, i vescovi, i prelati, i parroci: gente che del celibato ha fatto un autentico stile di vita.
Ed ecco che con una semplice calunnia - quell'immagine austera tanto rassicurante per il cattolicume nazionale - è stata sapientemente avvelenata.

lunedì 22 maggio 2006

paperi corrotti

Mi ha sempre incuriosito la capacità della lingua di elaborare, attraverso meccanismi diversi, nuovi significati. Ai tempi di mani pulite, lo scandalo dei politici corrotti prese il nome di "tangentopoli", città delle tangenti, ma curiosamente il suffisso polis da quel momento in poi cessò di significare "città", per assorbire il significato della prima parte di quella locuzione, quello realtivo alle tangenti. E così, grazie a questo scarto di significato, è venuta "bancopoli", poi "calciopoli". Lungi da me stigmatizzare il meccanismo, probabilmente naturale e - anzi affascinante, certo che "moggiopoli" è veramente orrendo: forse i titolisti ce lo potevano risparmiare...



Nella foto: un momento altamente drammatico del famoso scandalo dei paperi corrotti.

domenica 21 maggio 2006

perchè cossiga sì e noi no?

A fronte dello scandalo del voto dei senatori a vita, perchè solo la voce di Cossiga si deve sentire, a ricordare che nel '94, Berlusconi ottenne la fiducia con un solo voto assicurato dai 3 voti dei senatori a vita? Uno dei tre voti - fra parentesi - fu proprio il suo, come lui stesso ricorda. Nessuno - ne' la sinistra ne' la destra - considerò la cosa "immorale".
Questo si sente dire, ma come "voce di corridoio": come mai nessuno, a sinistra, lo dice a voce alta e in modo chiaro?

giovedì 18 maggio 2006

la ministra senza portafoglio


da artefatti, una bellissima caricatura della Melandri.

mercoledì 17 maggio 2006

pochi lombardi (ma molti bloggers)

Pregnante, la critica di Formigoni: nel nuovo governo non ci sono abbastanza lombardi.

Dico, Mastella alla giustizia, le femminelle (quasi) tutte senza portafoglio, e quel Bianchi lì di Diliberto che subito a dire cosa non farà... insomma, qualche punto un po' squamicio l'avevo notato anch'io, ma perchè dovrebbe fregarci qualcosa di quanti lombardi ci sono nel governo?

Comunque, avremo pochi lombardi, ma in compenso - come segnala Pandemia, ci sono parecchi bloggers, tra i ministri:

sei, più un podcaster d'eccezione. Ecco la lista:

Antonio Di Pietro
Alfonso Pecoraro Scanio
Rosy Bindi
Paolo Gentiloni
Linda Lanzillotta
Giuseppe Fioroni

Massimo D'Alema ha invece un podcast (xml), contributi audio, e non un blog.

martedì 16 maggio 2006

antirelativista? relativamente

Sul blog In Minoranza Mastroviti commenta e traduce un articolo interessante a proposito del riconoscimento dei diritti collettivi, che in alcuni casi potrebbero essere lesivi dei diritti individuali.
Anche io sono sempre rimasta perplessa dal riconoscimento di un diritto esclusivamente ad un gruppo sociale: come può una azione essere considerata reato se commessa da taluni ed essere riconosciuta come diritto ad altri?
Sono però convinta che i relativisti culturali abbiano dalla loro dei solidi argomenti: ogni società proibisce e concede alcune cose ed altre no, e tirare una riga su quali diritti siano universali e quali particolari mi pare impresa più complicata di quello che a volte non tendano a fare gli anti-relativisti. Il coltello che incide la carne fa a tutti lo stesso male, il figlio ucciso distrugge qualsiasi madre o padre nello stesso modo, ma fatta questa prima scrematura, tolto l'essenziale, le cose si fanno più complesse. La poligamia e la monogamia ad esempio possono essere entrambe soluzioni vantaggiose, e sono effettivamente praticate anche dove non sono consentite, con conseguenze talora assai più gravi proprio per le donne che la subiscono. (curiosamente qualche giorno qualcuno mi ha postato - chissà perchè - un articolo di Lia di Haramlik sulla poligamia, a commento del post le teorie-bastone con cui - una volta tanto - non sono in totale disaccordo)
Secondo alcuni psicologi evoluzionisti la poligamia - in effetti - non sarebbe così svantaggiosa per le donne. E' - dal punto di vista economico - una pratica classista ma solo nei confronti dei maschi: solo quelli più ricchi infatti possono permettersi molte mogli, mentre i più poveri - essendo la popolazione maschile più o meno pari a quella femminile, ne resteranno privi. Dal punto di vista femminile - invece - è redistributiva: i più ricchi distribuiscono i loro beni tra diverse donne, e le altre si accontentano di un matrimonio monogamo. Solo alcuni maschi resteranno con le pive nel sacco, non riuscendo a riprodursi affatto.
E' chiaro che l'evoluzionista valuta il vantaggio o lo svantaggio da un punto di vista esclusivamente genetico, che a noi interessa poco o nulla: molte donne potrebbero non essere - e in effetti non sono - affatto felici di condividere istituzionalmente il proprio uomo con altre, tuttavia occorre proprio affrontare la questione con una proibizione? Non sarebbe ovviabile rendendo obbligatorio dichiarare la propria disponibilità ad un eventuale matrimonio poligamo all'atto delle nozze?
Io credo che sia buona cosa limitare l'antirelativismo al sangue, al dolore e alla sofferenza: cercare cioè di diffondere al massimo una base molto scarna ed essenziale di diritti umani: a spingersi più in là ci si avvicina pericolosamente al sior Ratzinger e a Marcello Pera, antirelativisti accaniti, in compagnia dei quali personalmente mi sento assai a disagio.

lunedì 15 maggio 2006

limerick fassiniani


Ho stima per il buon Bartezzaghi, ma devo dire che i limerick che scrive per repubblica non mi piacciono. A parte la struttura AABBA , le regole "accademiche" dei limerick mi pare che non vengano rispettate pedissequamente neppure da Lear che li ha inventati. Si può variare il numero di sillabe, rinunciare allla funzione descrittiva dei singoli versi e persino allo stile, in genere nonsense o paradosso. Mi rendo conto che è un personalissimo parere e non ha la pretesa di essere tecnico, ma per me un limerick per essere tale deve prima di tutto suonare come un limerick: è una questione di accenti più ancora che di conta delle sillabe.

Questo - di Bartezzaghi - non suona come un limerick:

Un segretario pieno di però
si chiede: "vo al governo oppure no"?
Vicepremier o leader
non mi riesco a decider
Tentenna, oscilla, fa "sì-no-non so"

Propongo questo (solo per il ritmo)

L'onorevole Piero, giù a Roma
Gradirebbe per se' una poltrona
Ma D'Alema però
Gli ha già detto di no
"Tu mi servi al partito, eddai, mona!"

giovedì 11 maggio 2006

google trends

Con google trends si può vedere l'andamento nel tempo di determinate voci su Google.
Si possono anche confrontare voci diverse: per esempio cercando "buddhism, judaism, catholicism" si scopre che - per qualche bizzarro e incomprensibile motivo - le ricerche di buddismo e giudaismo hanno lo stesso identico andamento, e si scopre anche che il volume demografico di una religione non corrisponde al suo successo su google.
Insomma, un nuovo rutilante sistema per perdere tempo su insolubili interrogativi.

mercoledì 10 maggio 2006

shining scampata. W Napolitano

Mi pare che l'unico limite vero del nostro neopresidente della Repubblica sia l'età, e la conseguente probabile difficoltà a portare a termine il mandato.
Per il resto, giocare la carta Napolitano invece che quella D'Alema è stato un buon colpo, direi. Avere il D'Alema come Presidente è un po' come avere Jack Nickolson di Shining come papà, inoltre - e soprattutto - abbiamo fatto fare una figura di merda alla destra, che si è trovata ad opporsi ad uno con un curriculum istituzionale impeccabile, e di riconosciuta equanimità: la compattezza della CDL ha vacillato e gli UDC sono ancora lì che si rodono il fegato.

martedì 9 maggio 2006

neri, ebrei e correttezza politica

Credo che la famigerata correttezza politica, in Italia fraintesa e misconosciuta, praticata in modo schematico e buonista in giornali e televisioni, nei film e nelle fiction, sia in realtà un fenomeno culturale di grande interesse negli USA, dove è nata e si va tutt'ora sviluppando. In tutte le culture umane esistono tabù culturali che proteggono diverse categorie: i preti, i pazzi, gli imperatori. la correttezza politica è quel tabù che proibisce l'uso dei clichè, nel descrivere una minoranza. Se in Italia questo sforzo si limita schematicamente - e per non sbagliare - a dipingere immagini di immigranti buonissimi, handicappati dal cuore d'oro e omosessuali virtuosi, negli USA questa cultura influisce profondamente sulle strutture narrative, e nel tempo ha avuto una sua evoluzione. Fino a qualche anno fa era difficile trovare nelle produzioni di fiction televisiva dei neri che avessero difetti "da neri", o degli ebrei che avessero vizi "da ebrei" - secondo i clichè che li caratterizzano. Gli autori o sceneggiatori potevano caratterizzare negativamente questi personaggi, purchè non attingessero a un luogo comune. Naturalmente la realtà che veniva descritta non era "reale" (ma quando mai lo è) perchè è statisticamente impossibile non trovare un nero violento o un ebreo avaro, e in una evoluzione successiva è comparso il "doppio". Posso descrivere un nero che abbia difetti "da nero" purchè gli metta accanto un doppio, un ombra a lui speculare che stia lì a testimoniare la mia distanza dal clichè.
Lacci culturali, questi della correttezza politica, di cui personalmente non mi lamento più di tanto.
Girullando in rete ho trovato - in un vecchio bollettino di Yale la cronaca di una conferenza di Spike Lee in quell'Università.
Lee si lamenta di una nuova tendenza tornata in voga in alcuni film - "the Family Man", "Al di là dei sogni", "La leggenda di Bagger Vance"- di rappresentare neri dotati di poteri speciali. Ritiene - forse non a torto - che questa immagine dei neri buoni e un po' magici si rifaccia ad una sorta di chichè del buon selvaggio, dello schiavo contento. Fa notare con una giustificabile irritazione cone ne "La leggenda di Bagger Vance", che si svolgeva in Georgia durante la Grande Depressione - un epoca nella quale i neri subivano linciaggi quotidiani - il protagonista non trovasse di meglio che usare la sua magia per potenziare una mazza da golf a un bianco.
Curiosamente la sua giusta sensibilità nel riconoscere e disprezzare i clichè del nero mistico - forse un po' ingenui ma neanache tanto denigratori - sfocia in una seccata notazione riguardo reazioni ebraiche al suo "'Mo better blues", dove il ruolo dell'avido e perfido sfruttatore di musicisti neri viene affibbiato ad un ebreo.
Insomma, per qualche motivo secondo Spike Lee il nero magico non può andare, ma l'ebreo avido sì, e il tutto - paradossalmente - sfocia in una protesta contro la eccessiva sensibilità ebraica all'antisemitismo condita da allusioni sul potere ebraico ad Hollywood. A me sembra che tutte le minoranze siano un po' ipersensibili, quando hanno la sensazione di essere rinchiuse in un clichè - tanto più quando questo è denigratorio e storicamente ha provocato morte e dolore. A volte questa ipersensibilità delle minoranze ammetto possa essere irritante, quello che trovo incredibile è che venga attribuita sempre e solo agli ebrei: un ennesimo stanco e vecchio clichè antiebraico, ma talmente condiviso da non venire neppure notato.

lunedì 8 maggio 2006

la fatale ipazia [ritratti virtuali]

Serpentesca, silenziosa, fascinosa, non la vedi...finchè non ti uccide con un morso.

venerdì 5 maggio 2006

le teorie-bastone

La posizione di Haramlik sugli attentati di Dahab non meriterebbe grossi commenti, se non fosse che trovo affascinante osservare non tanto le "teorie" ma l'incredibile necessità umana - cui nessuno sfugge - di appoggirvisi come ad un bastone.
In questo senso le teorie dietrologiche sono una fonte interessantissima ed estremente fertile cui attingere per osservare la capacità della mente umana di plagiare la realtà all'ideologia e financo all'ego di chi le formula.

Ed è curioso osservare quanto un modo di pensare tanto palesemente primitivo abbia - a dispetto di ogni logica - un buon successo.

La bizzarra teoria di Lia di Haramlik (http://www.ilcircolo.net/lia/) su Dahab in soldoni è la seguente: quelle bombe non possono essere state messe da integralisti islamici (beduini o meno, non ha importanza) , perchè Dahab - diversamente da Sharm - accoglie un turismo radical chic, fatto di piccoli alberghi, tavolini bassi e cuscinoni.
Ergo, o sono state messe dal governo, o dai soliti israeliani.

E' piuttosto difficile - almeno per me - immaginare un integralista islamico a piacere, da Al Zarqawi al fu Jassin passando per quel buontempone di Admadinejad, che scelga di uccidere chi indossa Armani e accolga come un fratello chi indossa un pareo afro e fa il nudista sulla spiaggia: questo discrimine di classe, o meglio ancora di stile, mi pare che poco e nulla abbia a che vedere con gli obiettivi degli islamisti e la loro ideologia.

D'altra parte, come tanti, Lia deve conciliare la comprensione verso l'atto terroristico con la paura che esso suscita a lei, personalmente. Quando le vittime sono gli altri, grassi signori col naso impomatato e il berretto con la visiera, macchina nikon al collo e bragoni a scacchi (che il turismo di Sharm non è poi così "di classe" come vorrebbe dare ad intendere), la loro morte è compatibile con l'eroismo suicida, quando le vittima assomigliano a lei, bisogna per forza escluderlo.

E infatti Lia scrive:

"Non colpisci il turismo, a Dahab. Non dove sono esplose le bombe.
Colpisci la gente."


Eggià. I turisti a quanto pare non sono gente.

E' una curiosa contraddizione, che ho già osservato: le persone che hanno applaudito all'attentato alle torri sono le stesse che poi hanno elaborato teorie dietrologiche per scagionarne gli autori.

Come ogni buona teoria dietrologica che si rispetti, anche quella di Lia deve essere fondata sul cui prodest: per i teorici del complotto il movente è prova, e il movente naturalmente deve essere il più nascosto e contorto possibile e soprattutto deve soddisfare non già le premesse della realtà ma quelle della visione manichea di chi la formula.

Nel nostro caso, Lia elabora più di una ipotesi: la prima è davvero delirante. Scrive:

"Io non lo escludo, però: se tutto il terreno edificabile di Dahab è del figlio di Mubarak, se Dahab come è oggi ne impedisce lo sfruttamento, se i venti di guerra lasciano prevedere che i progetti di espansione turistica vanno fatti sul medio periodo e non sul breve, se la carriera politica del giovane Mubarak appare sempre più impossibile e sarà meglio che pensi agli affari finché può e se il personaggio stesso ha la reputazione che ha, mi spieghi come fai ad escludere a priori che ci possa essere un movente economico, dietro a questa storia?"


Secondo questa prima ipotesi dunque sarebbe la famiglia Mubarak che tenta di mettere in fuga i frikkettoni per sviluppare - nel tempo - un turismo più ricco, come se gli attentati spaventassero selettivamente alcuni turisti e ne attraessero altri.

La seconda ipotesi è una più o meno fumosa "strategia della tensione", che consentirebbe a Mubarak di mettere in pratica una politica repressiva e rallentare il corso delle riforme.
Come? Ma è ovvio: bombardando i frikkettoni.

Io sono dell'idea che il movente sia un indizio e non una prova, e ritengo che i moventi palesi siano da valutare prima di quelli contorti e nascosti.
Sarei curiosa di sapere quanti di quelli che avevano preventivato una vacanza nel Sinai quest'estate hanno confermato la loro prenotazione - dopo Dahab - radical chic o pariolini.

E il successo degli attentati di Dahab sarà valutabile dagli estratti conto degli alberghi del Sinai, quest'estate.

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  • giovedì 4 maggio 2006

    digerire il bipolarismo

    E' abbastanza grottesco che la CDL accusi il centrosinistra del venir meno alle belle consuetudini passate, dove una delle due camere veniva gentilmente concessa all'opposizione e per la presidenza della Repubblica venivano scelti personaggi di alta levatura morale (reale o presunta) e basso profilo partitico. E' - questa - una abitudine che fu proprio la CDL ad abbandonare, quando - con una maggioranza ancor più risicata - elesse Scognamiglio alla presidenza del Senato, contro Spadolini.
    Mi chiedo però se il forse troppo rimpianto fair play della Prima Repubblica altro non fosse che un sistema per tener buona una parte - i comunisti - cui era inibito di fatto l'accesso al governo. Un contentino che garantiva meno traumi all'occupazione stabile DC del potere, e una altrettanto comoda permanenza dei comunisti all'opposizione: si poteva occupare qualche cadrega, e al tempo stesso sognare il sol dell'avvenire. Fu quella l'epoca della lottizzazione RAI, un altro dei tanti esempi di spartizione del potere tipici di quell'epoca.
    Credo che il percorso di digestione del bipolarismo di questo paese sia irto di spine, e per molti motivi: spesso la sinistra sembra a disagio, al governo: Bertinotti in passato ha fatto di tutto per tornare all'opposizione e i DS - primo partito del CSX - non sono riusciti (anzi, nemmeno hanno provato) ad imporre un loro leader come candidato alla Presidenza del Consiglio. Oggi si fa finta che delle tasse si possa fare a meno, che siano una invenzione dei "comunisti", quando chiunque abbia vissuto quegli anni ricorda la asciutta chiarezza democristiana nell'annunciare agli elettori che era giunto l'inevitabile momento di metter mani al portafogli. "Sacrifici", si chiamavano allora, e non erano affatto una roba "comunista": le gente li accettava perchè era ben chiaro che non c'era scelta.
    A me pare che stabilire un terreno comune sia cosa ben diversa dall'inciuciare: si deve imparare che alzare la posta delle promesse agli elettori, fare riforme importanti (vedi: scuola) senza un accordo di massima con l'opposizione, azzerare ogni volta tutto quello che è stato fatto in precedenza, sono atteggiamenti incompatibili con l'alternanza, che mettono in ginocchio il paese.
    Non occorre tanto un fair play spartitorio, tipico della prima repubblica, ma uno sforzo di delineare una base comune: se non dovesse riuscire sarà inevitabile ritornare al grande centro, e dunque ad una sorta di regime.

    mercoledì 3 maggio 2006

    siamo dei frattali, e i cinesi lo sanno [medicina vs. Medicina]

    Chi abbia, pur senza comprenderne le equazioni matematiche che le sottendono, avuto a che fare con le immagini frattali, sa che danno un senso di vertigine e meraviglia, e in certi casi suscitano anche nel più fermo degli atei una scintilla di dubbio, o un brivido di paura: esisterà una sorta di "dio-matematica"? Mandelbrot scoprì l'insieme che porta il suo nome (che qui si può esplorare, cliccando sull'immagine) verso la fine degli anni 70': con la computer grafica era finalmente possibile rendere visiva una equazione. E il brivido sorge perchè - istintivamente - si riconosce nelle forme frattali una sorta di calco di molte forme naturali, sia biologiche che minerali. Gli alberi, i cavolfiori, le conchiglie...ma anche i fiumi o le coste seguono la geometria frattale: ogni componente è composta da microcomponenti identiche, in scala minore, microcosmo e macrocosmo sono la stessa cosa. L'agopuntura - pur essendo una delle poche cosiddette "terapie alternative" (pessima definizione) che godono di una qualche considerazione, ha degli effetti verificabili e concreti ma tuttora inspiegati - da un punto di vista scientifico, e si basa su osservazioni di tipo filosofico: il microcosmo "commenta" il macrocosmo, e seguendo questa logica ogni organo/microcosmo sarebbe una sorta di "mappa" del corpo/macrocosmo. Non so se questo approccio sia indagabile - anche - su un piano scientifico, ma mi sorprende che molti (tra cui un mio caro amico, fisico) possono ammettere che l'agopuntura sia efficace ma escludono che si sia giunti a metterla a punto tramite via "filosofica": preferiscono credere che i cinesi si siano dilettati per migliaia di anni a punzecchiare la gente a casaccio (ipotesi peraltro assai poco compatibile con il darwinismo) finchè - empiricamente - non sono giunti a scoprire i punti giusti.
    Io - in assenza di ulteriori elementi - preferisco - per motivi estetici ma anche logici - credere invece che funzioni perchè il presupposto filosofico era azzeccato: siamo dei grossi frattali.

    un bianco e nero colorato

    Gianni Galassi mi piace molto.
    Nasce come fotografo di bianco e nero, e in fondo anche ora che è passato al colore tale resta. Il suo colore non è realista, non è sentimentale, non è espressionista: è pura forma, un bianco e nero colorato.

    l'inutilità ha senso? [fenomeni in cerca di teorie]

    Ci sono dei fenomeni che per me sono difficili da capire.
    Che l'attribuzione di un appalto sia orientata da logiche di tipo mafioso è tristemente comprensibile, ma perchè - dove mancano infrastrutture - costruirne di fittizie e totalmente inutili? Non sarebbe meno vistoso e quindi più conveniente, per il sistema politico/mafioso che governa il meridione, aggiudicarsi la gestione di opere utili? Io le ho viste - in Calabria - le autostrade a quattro corsie deserte che portano a nulla: non le capisco, la logica mi sfugge.

    martedì 2 maggio 2006

    l'amato webmaster [ritratti virtuali]

    Che il suo spirito - che torvo e minaccioso sento aleggiare nel web - possa trovare pace, o far sentire la sua voce. Un tempo lo amai, ma tutto perisce, in questo mondo (a parte Google).